L’autopsia ha confermato che Ragip Kolgeci, il kosovaro di 52 anni ucciso nella rissa di Fiera, è stato colpito una decina di volte dai suoi aggressori. Due i colpi fatali: la coltellata alla gamba e una bastonata alla testa. Bisognerà attendere la relazione del dottor Alberto Furlanetto per capire come è sopraggiunta la morte e per capire se entrambe le lesioni abbiano contribuito al decesso, oppure, come emerso sin dall’inizio, il bastone sia stata l’arma mortale.
Giovedì è stato eseguito l’esame autoptico. Certo è che il 52enne kosovaro è stato massacrato. Il coltello con cui è stata recisa l’arteria femorale e il trauma cranico hanno rappresentato l’apice di una decina di colpi, alcuni assestati con un anello ad uncino all’addome.
La sera del 12 ottobre, in viale IV Novembre, si erano affrontati due gruppi di kosovari, presumibilmente una trentina di persone. Da una parte i Kolgeci, dall’altra una banda “capitanata” da Valmir Gashi, 32 anni, con lo zio Afrim Manxhuka, 51 anni.
Questi ultimi sono stati arrestati con l’accusa di omicidio dalla squadra mobile coordinata dalla dirigente Immacolata Benvenuto. Gashi era a letto nella sua abitazione in zona San Lazzaro, Manxhuka fuori dal pronto soccorso di Oderzo dove era andato a farsi medicare un profonda ferita in fronte. Da quella notte si trovano rinchiusi nel carcere di Santa Bona.
Entrambi, attraverso i loro rispettivi avvocati, Mauro Serpico e Mattia Visintin, hanno dichiarato di essere estranei al delitto. Le testimonianze dei familiari della vittima, e le indagini della polizia, hanno al contrario evidenziato la loro partecipazione attiva.
In particolare Manxhuka avrebbe affondato il coltello e Gashi inferto le bastonate fatali. La difesa di Gashi sta portando avanti delle “indagini parallele” per preparare il ricorso al Riesame, raccogliendo testimonianze per dimostrare l’innocenza di Valmir.
«Ho soccorso mio cugino e qualcuno mi ha colpito alle spalle», la versione fornita dal kosovaro 32enne.
La posizione del trentaduenne Gashi, tuttavia, si complica dopo l’autopsia. Le indagini della polizia proseguono per individuare tutti i partecipanti alla maxi rissa, che aveva portato in ospedale sei persone, anche se molti di più sarebbero stati i contusi. Diversi, proprio per non essere identificati, hanno voluto evitare i pronto soccorso.
Intanto, eseguita l’autopsia, la magistratura rilascerà l’autorizzazione per la sepoltura, e quindi il trasferimento della salma in Kosovo. Il funerale verrà infatti celebrato nella sua patria, dove sono ritornate moglie, figlio e tre figlie.
Ragip Kolgeci da circa un mese era nella Marca, dove da cinque anni vive il figlio Kastriot, impresario nel settore dell’edilizia insieme ai cugini. Il 52enne era originario del villaggio di Vraniq, nel comune di Suhareke, nel sud del Kosovo. Lì si svolgerà l’ultimo saluto.
