«Lo sfregio in aula di Paolo Pattarello a Loris Trabujo dimostra che di vera associazione di tipo mafioso si è trattato». Come pure il fatto che nessuno abbia voluto acquistare il taxi e il lancione granturismo (pur appetibili per prezzo) confiscati a Trabujo e messi all’asta. Lo ha detto venerdì il pubblico ministero Giovanni Zorzi, nel chiedere alla giudice per le udienze preliminari Benedetta Vitolo di rinviare a giudizio tutti e 78 gli indagati dell’inchiesta sulla “Mala del Tronchetto”: i 13 accusati di essere al vertice dell’associazione mafiosa; il gruppo dei 31 imputati in “concorso”, come pure la rosa di spacciatori o aiutanti per questo o quel reato.
Il quadro delineato dall’accusa resta quello di un gruppo guidato da pluri pregiudicati storici dai tempi della mala di Felice Maniero e nuove leve, che tra rapine, estorsioni, minacce, attentati, maneggiar d’armi volevano imporre il monopolio sul mercato dei trasporti turistici.
[[ge:gnn:nuovavenezia:10254592]]
Un’udienza lunghissima, quella di ieri in aula bunker, a 15 giorni dall’aggressione davanti a magistrati e avvocati, che ha visto Pattarello – armato con un coltellino realizzato con una lama di forbice legata al manico di uno spazzolino da denti – ferire Loris Trabujo, bollato come infame per aver ammesso le rapine. Si sono susseguiti gli interventi dei difensori per chiedere l’accesso dei loro assistiti a riti abbreviati con relativi sconti di pena (in 24 ne hanno fatto richiesta), processi davanti al Tribunale, proscioglimenti. L’aggressione in aula di due settimane fa, ha fatto da filo conduttore. «In qualsiasi ambiente chi parla è considerato un infame, non c’entra la mafia», ha detto l’avvocato Giorgio Pietramala, difensore di Gilberto Boatto, 80enne pregiudicato ritenuto al vertice della nuova associazione, amico-sodale di Pattarello e che in Trabujo vedeva una sorta di erede, «Boatto non c’entra nulla con la coltellata, non sapeva niente delle intenzioni di Pattarello, che è persona senza freni inibitori».
«Mi aspettavo che la Procura mettesse qualcosa a sostegno del 416 bis», ha detto l’avvocato Mauro Serpico, legale (tra gli altri) del fratello di Trabujo, Denis e della madre, «mentre si limita a evidenziare un atto che non prova l’esistenza di un’organizzazione mafiosa, ma la cultura criminale diffusa che non gradisce chi nel gruppo muove accuse nei loro confronti. Non c’è associazione criminale, tanto meno di stampo mafioso». Quanto a Loris Trabujo si è ripreso dall’aggressione: nel suo ultimo interrogatorio aveva ammesso le rapine, ma ha negato di aver mai preteso il “pizzo” da trasportatori storici come Otello Novello e Luciano De Rossi, coimputati per i loro silenzi: l’avvocata Stefania Pattarello ha chiesto per lui il rito abbreviato condizionato all’audizione dei due “estorti”. L’avvocato Becari ha, invece, parlato in difesa dell’avvocata padovana Evita Della Riccia, accusata di aver fatto da tramite tra i suoi due clienti storici, Boatto e Pattarello: «Non c’è un documento che provi la sua consapevolezza di qualcosa di illecito, solo il tentativo di comprendere l’incapacità che hanno questi soggetti che dopo 25 anni tornano alla vita civile e non sanno usare neppure un cellulare».