GRADISCA Ha ospitato – seppure per una sola notte – Napoleone Bonaparte nella sua campagna contro l’esercito austriaco. È stato parzialmente distrutto dalle fiamme oltre un secolo più tardi, a seguito della disfatta di Caporetto, venendo fortunatamente recuperato. Ha tagliato ieri il traguardo dei cent’anni la “seconda vita” di palazzo de Fin-Patuna, splendido gioiello d’origine tardo barocca che sorge nel pieno centro storico di Gradisca d’Isonzo. Uno scrigno della storia cittadina, avendone attraversato nei secoli le fasi più significative: l’era della dominazione asburgica, quella dell’indipendenza e dei fasti della Principesca Contea di Gradisca e della casata degli Eggenberg, infine quella dell’italianità. Un palazzo – oggi elegante spazio residenziale – che cela un meraviglioso giardino spesso nascosto alla vista dei più e che conserva ancora i suoi alberi secolari.
Nella forma visibile oggi palazzo de Fin-Patuna fu costruito nel ’700, probabilmente modificando un edificio precedente (una lapide all’ingresso recita 1580), e fu la residenza dei baroni de Fin, «tenaci fautori – come ricorda la studiosa Maria Masau Dan – dell’indipendenza della Contea di Gradisca rispetto a Gorizia, tanto che Antonio de Fin, vice capitano di Gradisca dal 1729 al 1744 e poi capitano di nomina imperiale fino al 1754, riuscì a prolungare di almeno vent’anni l’autonomia del territorio gradiscano dopo l’estinzione del ramo maschile degli Eggenberg». Napoleone Bonaparte pernottò nel palazzo di via Ciotti il 20 marzo 1797, subito dopo l’assalto vittorioso dell’esercito francese, comandato dal generale Bernadotte, alla Fortezza di Gradisca. Dal 1809 il palazzo – nel frattempo Gradisca era già tornata sotto l’Austria – passò in proprietà alla famiglia Patunà, in seguito Patuna, foriera di personaggi illustri: lo scultore Ferruccio collaborò alla realizzazione dell’Altare della Patria di Roma; Valentino, che nel 1877 aprì la drogheria omonima e fu studioso di vicende storiche, come pure il fratello Ettore, farmacista, (fondatore dell’esistente farmacia Alla Quercia); e infine Bruno, nato nel 1909, fra i “padri” dell’enoteca Serenissima e della galleria Spazzapan.
Come per gli altri centri dell’Austria-Ungheria, Gradisca entrò in guerra già nell’estate del 1914 e i suoi concittadini indossavano in larga parte l’uniforme d’Asburgo. Conquistata dall’esercito italiano, dopo la ritirata di Caporetto la città venne incendiata. I palazzi del centro storico furono colpiti inesorabilmente, compresi alcuni edifici di notevole valore storico di cui rimasero in piedi pressoché solamente le facciate: il palazzo Torriani, oggi municipio, la chiesa dell’Addolorata (già appartenuta ai Servi di Maria dei tempi veneziani) e, appunto, il palazzo de Fin-Patuna, già danneggiato – secondo un’epigrafe – nel 1916 da “proiettile austriaco” che abbattè la parte posteriore dell’edificio. La sua ricostruzione avvenne il 20 settembre 1922, l’anno successivo all’annessione di Gradisca al Regno d’Italia. Notevole anche il giardino, che conta ancora su essenze arboree risalenti almeno all’Ottocento e si estende fino alle antiche mura quattrocentesche. «Nella prima metà del secolo XIX, come molti parchi di grandi dimore storiche, il giardino si arricchì di specie esotiche prendendo anche il carattere di orto botanico pieno di rarità» spiega nei suoi scritti Masau Dan.