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Pogacar fa lo scalpo a Van Aert, Bagioli gran terzo

Tadej ispira l’attacco decisivo al GP di Montréal e poi vince con una volata lunga e letale costringendo Wout all’ennesimo secondo posto; nel gruppetto buono ottima presenza di Andrea che fa uno squillo al ct Daniele Bennati Fra 10 giorni festeggerà il suo 24esimo compleanno, e non sapendo se in Australia potrà autoonorarsi in qualche […]

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Tadej ispira l’attacco decisivo al GP di Montréal e poi vince con una volata lunga e letale costringendo Wout all’ennesimo secondo posto; nel gruppetto buono ottima presenza di Andrea che fa uno squillo al ct Daniele Bennati

Fra 10 giorni festeggerà il suo 24esimo compleanno, e non sapendo se in Australia potrà autoonorarsi in qualche gara iridata, si è fatto oggi un bel regalo con un po’ d’anticipo: parliamo di Tadej Pogacar, che ha conquistato il GP di Montréal innescando la manovra vincente, correndo un ultimo giro da spietato cacciatore di classiche, e domando sulla linea d’arrivo nientemeno che un certo Wout van Aert. Diciamo – allargando lo sguardo a quanto accaduto in questi ultimi giorni – che non poteva esserci risposta migliore a quanto realizzato in Spagna da Remco Evenepoel: fenomeni che dialogano a distanza, facendo quel che viene loro meglio, ovvero vincere. Protagonisti di un ciclismo magico in cui quando i campioni mettono un numero dietro la schiena non lo fanno tanto per: si può essere anonimi in una corsa (la Bretagne Classic di due domeniche fa, nel caso di Tadej), abulici in una seconda (vedi lo stesso Pogi l’altro giorno a Québec City), ma alla terza si vince.

Questo ha fatto il meraviglioso sloveno, andato a riannodare oggi il filo col successo (14esimo stagionale) dopo i fatti del Tour de France, a cui erano seguite alcune settimane di stacco dalle gare. Dal canto suo Van Aert, che dopo la Boucle era già rientrato ad Amburgo il 21 agosto (secondo posto), era poi transitato a braccia alzate pure lui da Plouay il 28 e venerdì s’era portato a casa un quarto posto, colleziona l’11esima piazza d’onore stagionale, a fronte di 9 affermazioni. Chissà se tra crono e prova in linea ai Mondiali saprà pareggiare il conto…

Su questo lussuosissimo podio nordamericano, al termine di una corsa che tra quattro anni potremmo ritrovarci (magari con gli opportuni aggiustamenti) come Campionato del Mondo a propria volta (la città è candidata a ospitare appunto la rassegna UCI 2026), si è accomodato anche Andrea Bagioli, al miglior risultato stagionale dopo il successo di tappa al Catalunya (varrà più questo terzo posto di un secondo al Saudi Tour, no?) e pronto a prendere pure lui un aereo per Wollongong, se il ct azzurro Daniele Bennati domani lo inserirà nella selezione iridata (e non si vede perché non debba farlo). Bagioli ha disputato una prova gagliarda e per nulla timorosa al cospetto di cotanti colleghi, del resto anche se giovane (23 anni) calca i maggiori palcoscenici dal 2020, e anche se un po’ discontinuo, quando trova la giornata giusta le può prendere da pochi. Se la guardiamo dal suo punto di vista, non è stata mica colpa sua se s’è ritrovato oggi a giocarsi una vittoria con Pogacar e Van Aert!

Vediamo nel dettaglio come si sono svolti i fatti. Il GP di Montréal, 221.4 km (18 giri da 12.3 km l’uno), ha completato oggi il dittico canadese del World Tour aperto venerdì dal GP di Québec (vinto da Benoît Cosnefroy d’anticipo su Michael Matthews, Bini Girmay e Wout van Aert). La fuga del giorno è partita alla seconda tornata, a 200 km dalla fine, composta da sei uomini: Théo Delacroix (Intermarché-Wanty), Antoine Duchesne (Groupama-FDJ), Eddy Finé (Cofidis), Florian Vermeersch (Lotto Soudal), Andreas Leknessund (DSM) e Antonio Nibali (Astana Qazaqstan). Il vantaggio del gruppetto è arrivato fino a 6’20” al km 40, poi il plotone ha limato qualcosa, ma almeno fino ai -70 il margine è rimasto ancorato intorno ai 5′.

Qualche problema tra i battistrada per Nibali, che si è staccato ai -73 salvo poi rientrare più avanti, e per Finé, che è caduto ai -63, poi i due hanno perso definitivamente contatto come pure Duchesne ai -55: per lui ultima corsa in carriera proprio sulle strade di casa. All’inizio del quart’ultimo giro, sulla Côte de Camillien-Houde ai -49, Leknessund ha forzato e si è sbarazzato pure della compagnia di Vermeersch e Delacroix, contando ancora su oltre 2′ di vantaggio sul gruppo tirato da UAE Emirates e Jumbo-Visma. Un gruppo nelle cui retrovie soffriva uno dei protagonisti di Québec City, Michael Matthews (BikeExchange-Jayco), mentre negli stessi frangenti altri personaggi molto attesi come Bini Girmay (Intermarché) o Peter Sagan (TotalEnergies) si ritiravano.

Ai -29, nel terz’ultimo giro, sono caduti nel plotone i due EF Education-EasyPost Andrea Piccolo e Neilson Powless, ma la squadra di Alberto Bettiol aveva comunque propositi bellicosi, tanto che all’inizio della tornata successiva, sulla Camillien-Houde, l’altro EF Magnus Cort Nielsen è andato a tirare davanti ai compagni di Van Aert, perfezionando il raggiungimento di Leknessund, ripreso ai -24.1. Il ritmo del danese è stato davvero intenso e ha provocato una notevole selezione nel gruppo, da cui hanno perso contatto clienti pericolosi come Matej Mohoric (Bahrain-Victorious) o Jasper Stuyven (Trek-Segafredo). Poi son tornati a comandare gli Jumbo e ai -20.6 è partito Simone Velasco (Astana), raggiunto poi da Frederik Wandahl (Bora-Hansgrohe).

I due hanno trovato un immediato accordo e sono arrivati a mettere insieme fino a 40″ di vantaggio, margine con cui sono entrati nel giro finale ai -12.3. Sull’ultima scalata a Camillien-Houde, ai -11.8 è partito dal gruppo Daniel Martínez (INEOS Grenadiers) e 500 metri più avanti sono entrati in causa i pezzi grossi, ma grossi: è stato Tadej Pogacar (UAE) a muoversi, chiamando la reazione di Wout van Aert (Jumbo); ai due si è accodato anche Andrea Bagioli (Quick-Step Alpha Vinyl) e in un attimo Martínez e, ai -11, pure Velasco e Wandahl sono stati raggiunti e superati.

Da dietro è rientrato Romain Bardet (DSM) insieme ad Adam Yates (INEOS), Cosnefroy e David Gaudu (Groupama), e subito in contropiede a 400 metri dallo scollinamento è scattato Yates, seguito da Pogacar, Van Aert (che sul finire di scalata ha sofferto un po’) e Bagioli; per ultimo s’è accodato Gaudu, e questo era il quintetto che, dalla vetta della Camillien-Houde ai -10.3 sarebbe andato al traguardo.

Mentre davanti giravano ch’era una bellezza, dietro c’è stato qualche tentativo di rinvenire, in particolare ancora Bardet s’è mosso sulla Côte de Polytechnique ai -6.4, seguito da Mauro Schmid (Quick-Step) e Giovanni Aleotti (Bora-Hansgrohe), ma i primi a quel punto avevano già 35″ di vantaggio e nessuna intenzione di traccheggiare. Anzi, sulla Côte Pagnuelo ai -3.2 Yates ha attaccato ancora, e poi l’ha fatto Gaudu (seguito da Van Aert) ai -2.8 ma dopo pochi istanti (precisamente ai -2.3) i cinque erano di nuovo insieme.

Non si sarebbe sfuggiti allo sprint ristretto, e dalla fine dell’ultima salita fino ai 500 metri in prima ruota è rimasto Van Aert, lasciato dagli altri a tirare mentre il ritmo ovviamente calava e gli inseguitori si riavvicinavano. Gaudu, presumendosi sconfitto in una volata normale, ha accennato un anticipo sull’ultima curva ai 500 metri e poi è partito sul serio ai 300, dopo essersi allargato sul lato sinistro della carreggiata. Pogacar è stato il più reattivo ed è andato a chiudere trainandosi Van Aert e Bagioli, e poi giacché si era praticamente sull’arrivo ha continuato in quello che era ormai il suo vero e proprio sprint, una volatona lunga e letale, una resistenza mirabile su quello stradone che tirava all’insù, e l’effetto è stato vedere Van Aert – stroncato – non riuscire a rimontare.

Anzi semmai il fiammingo ha dovuto guardarsi da Bagioli per difendere il secondo posto, atteso che il primo stava prendendo la dorata via della Slovenia. Yates ha chiuso quarto a 1″, Gaudu quinto a 2″, quindi a 22″ sono arrivati Schmid e Aleotti e a 23″ Bardet, mentre il resto dei migliori è stato anticipato da Pello Bilbao (Bahrain-Victorious), nono a 28″, e Warren Barguil (Arkéa Samsic), decimo a 31″. Nei 20 s’è piazzato pure Diego Ulissi (UAE), che in precedenza aveva lavorato per Pogacar e che dopo il traguardo è stato il primo a complimentarsi col 23enne di Klanec.

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