foto da Quotidiani locali
SELLA NEVEA. Il ghiacciaio occidentale del Montasio è l’unico e anche l’ultimo ghiacciaio rimasto in Friuli Venezia Giulia. Ed è un ghiacciaio che resiste al riscaldamento climatico globale.
È l’unico in controtendenza rispetto agli altri “confratelli” presenti sull’arco alpino perché le sue dimensioni non sono più mutate – se non minimamente – a partire dal 2000.
Lo sanno i glaciologi e lo ha detto giovedì 1 settembre Federico Cazorzi del Comitato glaciologico italiano e professore all’Università di Udine, durante il sopralluogo avvenuto assieme a Legambiente e alla Carovana dei ghiacciai partita lo scorso 17 agosto dall’altro capo delle Alpi e giunta qui per la sua ultima tappa, in tandem con l’iniziativa della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile e del Club alpino italiano “Climbing for climate”. Una cinquantina i partecipanti alla camminata simbolica – con diversi esponenti di Legambiente, dell’Università, del Cai e un gruppo di studenti dell’istituto Itis di Tolmezzo, oltre ai testimonial Nives Meroi e Romano Benet, la coppia di Fusine che ha scalato tutti gli Ottomila della terra – partita dal rifugio Grego per risalire in due ore e mezza fino al ghiacciaio, sotto le pareti nord del Jôf Montasio a 1900 metri di altitudine.
Scoperto nel 1920 da Ardito Desio, che è stato il primo a mapparlo, fino al 1987 il ghiacciaio non è stato più documentato, fatte salve le fotografie scattate durante la Grande Guerra dagli austroungarici dal Jôf di Miezegnot verso le postazioni italiane qui ubicate. Il Comitato glaciologico misura annualmente le variazioni del ghiacciaio da 14 anni e per gli anni precedenti si è avvalso di documentazione fotografica e annotazioni fornite da un appassionato forestale del tarvisiano, Roberto Degli Uomini.
Collocato tra Torre Paliza e Torre Amalia si distingue da altri “corpi glaciali” come quello del Canin per il fatto che si muove. Il suo dinamismo è visibile dai crepacci, che anche quest’anno si sono formati nella parte alta, e la velocità di scorrimento è di alcune decine di centimetri all’anno. Il ghiacciaio del Canin, trovandosi in una conca, non si muove ed è stato “declassato” a glacionevato.
Dal 1920 a oggi lo spessore del ghiacciaio del Montasio è calato di una quarantina di metri (il 75%) ma la sua estensione è rimasta più o meno la stessa (6-7 ettari), anche se non è tutta visibile all’occhio essendo in parte ricoperta di detriti che lo proteggono dalla ulteriore fusione. Se il grafico che misura l’andamento dei ghiacciai delle Alpi riporta una linea irrimediabilmente discendente, quella del Montasio è, dal 2000 a oggi, una linea orizzontale.
Questo perché si trova fortemente incassato, prende poche ore di sole ed è alimentato ogni anno dalle nevicate invernali, oltre che dalle valanghe che scivolano dalle ripide pareti soprastanti. Dunque, anche se quest’anno la misurazione del trend effettuata dai glaciologi sempre nello stesso punto ha riportato un record negativo (a causa delle scarse nevicate), rispetto agli altri ghiacciai alpini rimane un ghiacciaio che resiste.