foto da Quotidiani locali
MONFALCONE Si riavviano i motori della campagna elettorale e torna di prepotente attualità (per la Lega) il tema dei ricongiungimenti familiari, che ieri ha chiamato a rapporto in municipio buona parte dei consiglieri di maggioranza, senatori in pectore, segretari. Come già aveva fatto a maggio, è stata la sindaca Anna Cisint a dare il la, esponendo la sua proposta di modifica normativa per oltre un’ora di fila, benché la materia – come noto – non sia di stretta competenza, neppure regionale: le fonti legislative sono di livello superiore. Ma, ed è il punto su cui hanno insistito tutti, con un terzo della popolazione residente straniero (28%) Monfalcone è stata in questi anni laboratorio di esperienze e analisi definite «approfondite». Tutto ha avuto inizio, secondo Cisint, nel 2005, quando è iniziata la «delocalizzazione» e una grande azienda (Fincantieri, mai pronunciata) «ha iniziato a gestire la costruzione delle navi in modo diverso». «Arrivano tantissime persone extracomunitarie e comincia un percorso involutivo, di impoverimento della città», ancora.
Saltando la panoramica storica e arrivando al punto dei ricongiungimenti, sempre secondo Cisint i numeri sono ormai stravolti, con il «18% di cittadini a richiedere la cittadinanza per lavoro e il 45% a reclamare un ricongiungimento, quando a livello europeo è l’esatto inverso: a Monfalcone ogni lavoratore straniero si porta appresso 5-6 persone». Quindi «il sistema non può stare in piedi, non ci sono risorse». Di qui, ai suoi occhi, la necessità di intervenire legislativamente su 5 capisaldi, con dettami più restrittivi e «in linea con le direttive europee e le disposizioni di altri paesi, vedi Germania», così sintetizzati: innalzamento della soglia di reddito minimo, quale requisito del richiedente il ricongiungimento, parametrato sul costo della vita per non gravare sul walfare; stabilità, prevedendo per i lavoratori dipendenti il possesso di un contratto a tempo indeterminato e per le partite Iva una relazione reddituale su un periodo minimo di 2 anni, nonché verifica fiscale; permanenza minima di un biennio prima di poter accedere ai ricongiungimenti; obbligo di registrazione dei matrimoni contratti all’estero in Italia, per evitare la realtà della poligamia, data per «presente a Monfalcone» (ma la sindaca, a precisa domanda, non è stata in grado di quantificarla statisticamente, parlando di fenomeno «inverificabile», ma resosi palese «da denunce a organi competenti», pure qui non circoscritte in un numero, questo sì, verificabile); richiesta della certificazione dell’alloggio e del suo stato di occupazione, una misura peraltro messa in campo dall’ente in questi anni per sradicare il sovraffollamento. E poi i numeri, che sempre piacciono a Cisint: «Per ricongiungere due familiari è sufficiente un reddito annuo di 11.967 euro lordi».
Spalla della sindaca, ieri, l’avvocata Giulia Martellos, con cui il documento (presentato in cartellina) è stato affinato. La professionista ha reso la sua testimonianza pure su questioni specifiche: «Io li vedo i certificati di matrimonio “home made”, tipo carta da formaggio dove può essere scritta ogni cosa». Cisint dalla giornata ha incassato, sia dai candidati che dai rappresentanti della Regione, l’impegno a tradurre la proposta scritta in modifica legislativa concreta, così inserendo correttivi mirati al Testo unico sull’immigrazione, datato 1998. «Mi ha colpito molto – sempre Cisint –, studiando gli atti, come la sola Italia abbia disposizioni normative così permissive. Chiedo a voi tutti di farvi carico del tema: potete star certi che vi resterò attaccati alla giugulare, come mia prassi, quando sarete a Roma».
