Un paio di anni fa, è stato postato un video dall’interno dello studio, grande come un hangar, di Kanye West. Davanti a una parete con un home-theater c’era un enorme divano con un reticolo a rombi — blu elettrico con sporgenze e avvallamenti — che balzava all’occhio più di qualsiasi altra cosa nella stanza. Il divano, che si chiama Dune, è stato disegnato dallo scomparso interior designer Pierre Paulin nei primi anni Settanta ed è considerato a oggi un capolavoro. Straordinario, considerata la difficoltà iniziale anche solo di produrlo. Paulin lo ideò nell’ambito di una collezione di mobili modulari progettati per Herman Miller, una collezione che non andò mai in produzione. È soltanto nel 2014 che il divano prese vita — con l’aiuto di Louis Vuitton — nell’ambito di un’iniziativa di gestione denominata Pierre Paulin Program, avviata dalla famiglia del designer per far rinascere le sue vecchie opere.  PPP fa uscire più o meno un paio di Dune all’anno, e lancia altri pezzi del programma, come la Déclive n°5 — una bella poltrona senza braccioli a forma di U — e progetti più strampalati di Paulin che non sono mai stati prodotti (o solo in serie estremamente limitate), con ogni nuovo modello realizzato in base alle rigorose specifiche originali del designer. Sotto la guida della vedova di Paulin, Maia, del figlio Benjamin, e della moglie di quest’ultimo, Alice Lemoine, il programma sta esplorando i vasti archivi del designer, funzionando come, dice Benjamin, una sorta di metà-mobilier, metà–editore che crea una «testimonianza dell’intelligenza del lavoro di mio padre» e spiegando una nuova narrativa: un senso più ampio e più libero del design di Paulin. Non ci sono obiettivi di vendita, addetti alle P.R., o obiettivi di marketing; PPP salva invece i progetti più folli di Paulin dalla mera esistenza sotto forma di schizzi o prototipi.  Il che spiegherebbe perché il Dune sia finito in così tanti spazi artistici. Tom Ford e Christian Lacroix collezionano mobili di Paulin; Frank Ocean ha lo stesso colore e modello di West. «Questi progetti che mio padre realizzò da giovane, quando aveva 40 anni, vengono subito capiti», osserva Benjamin. Il lavoro forma una sorta di legame senza parole con altri giovani ossessionati che creano cose. Di base, il Dune è liberatorio, e abbatte i confini. Ci si può passare sopra tutto il giorno. Può essere un letto, una sedia o un ufficio. Come il lavoro di Paulin, i pezzi prodotti dallo studio dialogano tutti tra loro. Il Tapis-Siège, un analogo divano–barra–stanza infossata con tavoli e contenitori incorporati, sembra il cugino del Dune. La Déclive n°1 e un’altra poltrona, la Dos à Dos, si rispecchiano, e PPP ha varie proposte di scaffali modulari aperti. Questi pezzi sono contrapposti a creazioni in legno più raffinate e delicate realizzate in origine per l’ex presidente francese François Mitterrand.

2017©AntoineBootz

Già agli inizi della sua carriera, Paulin divenne il primo grande designer moderno della Francia. Ispirato dal moderno design scandinavo e americano, Paulin seguì quella stessa energia, sfornando per un decennio un sacco di sedie e scrivanie immaginifiche che erano al contempo utili e divertenti. La sua Mushroom Chair del 1960 — elastica, con la struttura in metallo nascosta, semplice; l’avete vista — ha dato il via all’era moderna in Francia, e l’elenco dei suoi successi di quel periodo è lungo. Paulin «partiva sempre dalla soluzione tecnica» quando progettava, spiega Benjamin. La funzione di un pezzo ne determinava stile, forma e intenzione artistica. Il lavoro del designer variava da un produttore di mobili all’altro — per i clienti più chic i progetti erano più regali — ma tutti i suoi pezzi erano oggetto di un lavoro intenso. Molti dei suoi primi pezzi rimangono ancora oggi in produzione grazie a distributori diversi. I progetti made-in-France degli anni ’50 sono stati affidati a Ligne Roset, il portabandiera francese dell’arredamento. Artifort realizza i suoi pezzi tubolari. PPP gestisce tutte le creazioni più eccentriche. La maggior parte dei pezzi che PPP lancia non erano mai usciti dall’album di disegni; Benjamin stima che il novanta percento dei progetti non siano mai stati effettivamente prodotti. Sono tutte idee da cui, a detta del figlio, Paulin era “ossessionato” ma che erano troppo costose da realizzare, o troppo difficili da adattare alla produzione industriale «senza perdere il senso del design.». Alcuni, come il Dune, erano semplicemente troppo grandi.Negli anni  Ottanta, Paulin riprese a lavorare con il legno, per cui realizzava i pezzi lentamente e meticolosamente. I progetti per Mitterrand, venduti in origine in edizioni di dodici, erano meraviglie tecniche, non potevano, né possono oggi, essere prodotti industrialmente e sono fatti di fondamenti complicati, fragili, come l’amaranto. Moltissimi mobili difficili vengono attualmente realizzati su ordinazione, o in numeri limitati, principalmente come modo per proteggere i designer dalle insidie della produzione incontrate da Paulin. Negli anni ’Ottantas, “nessuno capiva veramente” perché suo padre facesse tutto in quantitativi ridotti, sottolinea Benjamin. Ma adesso è la norma. Per quest’anno e per il prossimo, l’azienda è focalizzata sulla produzione del numero di pezzi che riesce a realizzare eseguendo alla perfezione i dettagli, pubblicando libri, e curando quelle che Benjamin definisce mostre viventi che presentano i mobili: una in Francia l’anno prossimo, e un’altra in autunno a Tokyo, con l’architetto Yoshio Taniguchi. PPP è un’azienda produttrice di mobili, certo, e delle migliori, ma è in realtà più un atto di sostegno, che colma il divario tra arredamento funzionalista e design d’avanguardia. PPP aiuta il resto del mondo a mettersi al passo con un designer in anticipo sul suo tempo. Il modo migliore per riuscirci potrebbe essere un divano grandissimo.

2017©AntoineBootz