TREVISO. Uno stato di emergenza, come per il Covid. Un governo plenipotenziario «che decida e faccia, in accordo con le Regioni e stop, senza altri vincoli. Serve un rigassificatore? Lo si fa, altro che comitati». Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Treviso Belluno e di Unioncamere del Veneto, entra nel dibattito sui costi energetici e lo fa chiedendo decisionismo. Estremo, perché tale è il contesto.
All’orizzonte potrebbe concretizzarsi l’estrema ipotesi del razionamento del gas, con la riduzione del 10% dell’attività di determinati settori, una decisione che metterebbe in ginocchio, secondo Pozza, soprattutto cartiere, acciaierie e aziende metallurgiche, vetrerie: una platea di oltre 800 imprese e 10 mila addetti in provincia di Treviso.
Pozza, le imprese non ce la fanno più a sostenere questi costi energetici.
«Siamo in una pandemia energetica, e allora serve la stessa azione, come con il Covid. Se restiamo impantanati fra permessi vari, partiti, comitati, non se ne viene fuori: serve un piano di emergenza per uscirne, è impossibile per le nostre imprese sostenere queste bollette. Sta arrivando un’ecatombe: si lavora in perdita, si può reggere qualche mese, non di più. Così si mette a rischio il lavoro di una vita».
Come se ne esce?
«La situazione va presa di petto. Dall’Unione europea innanzitutto: meno chiacchiere e più azioni concrete. Il tetto del prezzo va fissato in quella sede. Serve una politica europea di quadro ma anche una nazionale, strategica. In campagna elettorale si parla del tema, ma non delle soluzioni? Che facciamo? Nucleare? Rigassificatori? Decidiamo e facciamo, non possiamo restare in balìa dei coninui “no”: vuol dire mettere Paese fuori mercato. Le famiglie non possono reggere, le imprese nemmeno. L’inflazione è insostenibile, così si va verso la recessione e la chiusura di aziende, altro che sviluppo».
Decidiamo, ma cosa?
«Serve il coraggio di prendere decisioni, le promesse sono inutili. Vanno bene i sostegni nell’immediato per le bollette, ma poi? Qual è la strategia? Lasciamo alla Croazia lo sfruttamento delle riserve di gas in Adriatico? Io dico di no».
Decida il Governo, dunque?
«Va tolta competenza ai territori. Abbiamo detto no al nucleare ma compriamo l’energia da altri paesi. E le energie alternative da sole non bastano: il Governo centrale deve decidere cosa fare e dove, punto: nessun altro deve poter intervenire, se non le Regioni per coordinare gli interventi. Come per il Covid: questo è uno stato d’emergenza energetico».
Come extrema ratio si parla anche di razionalizzazione.
«Giusto puntare al risparmio, abbassiamo i riscaldamenti a 17 gradi, ok, ma chi fa le verifiche? Non è così che si risolve il problema: lo si fa con una politica energetica nazionale. Quanti rigassificatori servono? Due? Decidiamo e facciamoli».
È saltato pure il Governo Draghi, manca la continuità politica, si riuscirà ad arrivare a ciò che lei auspica?
«Se non ci riusciamo, allora non lamentiamoci delle bollette. Abbiamo fatto una riunione lunedì con l’assessore regionale allo sviluppo economico e all’energia, Roberto Marcato, produrremo una nostra proposta al Governo con tutte le associazioni di categorie. Qui c’è il rischio che le imprese chiudano, dobbiamo essere chiari, è una situazione da depressione anni Settanta: botteghe chiuse prima, luci spente…».
Lei nel recente passato si è detto favorevole al nucleare. Chi valuta costi e tempi però lo boccia, oggi.
«Sono stato negli Emirati a febbraio, stanno partendo anche lì con il progetto di una centrale. Certo, servono anni per realizzarle, non ti risolve il problema adesso, ma tra 15 anni. Ora quelle di ultima generazione sono quasi pronte: sono favorevole alla loro realizzazione ma so che non è una soluzione nell’immediato. Il rigassificatore e il gas pescato in Adriatico lo sono? Allora facciamolo. Tutti volgiamo il caldo d’inverno, il fresco d’estate, il lavoro delle imprese. Tutti abbiamo pretese: allora si decida cosa fare».
