Per la crisi energetica dall’inizio del conflitto spesi 175 miliardi in più, oltre la metà è finita nella casse della Russia
Il caro-energia è già costato 170 miliardi di euro all’Europa. L’allarme arriva da Unimpresa. E il conto finale è destinato ad essere anche maggiore. Con il raddoppio dei prezzi del gas, anche al netto delle riduzioni di approvvigionamento da parte di alcuni Paesi, l’assegno staccato dal mondo alla Russia dall’inizio della guerra in Ucraina rischia di superare quota 250 miliardi entro la metà di settembre. A oggi l’Ue ha versato a Mosca 84 miliardi di euro in importazioni di combustibili fossili, secondo i dati del Centre for research on energy and clean air (Crea). Per l’Italia l’esborso, che a giugno era di 7,8 miliardi di euro, è a quota 10 miliardi.
La crisi energetica morde l’Europa. E la costringe a ricorrere a chiusure temporanee e razionamenti sempre più diffusi, come in Germania e Paesi Bassi. L’esempio delle difficoltà si nota con l’andamento del prezzo del gas naturale negoziato ad Amsterdam, il Ttf. Alla vigilia dell’aggressione russa in Ucraina era a quota 87, 4 euro. Poi l’impennata, 199 euro al 7 marzo. Si proseguì con una stabilizzazione intorno a fra 85 e 123 euro, con una media di 100 euro. Poi, il 13 giugno l’avvio del trend rialzista. Si passa da 87 euro ai 257, 4 euro di venerdì scorso.
Il rapporto Crea di inizio di giugno già faceva notare un andamento al rialzo. La Russia, spiega Crea, ha guadagnato 93 miliardi di euro di entrate dalle esportazioni di combustibili fossili nei primi 100 giorni di guerra (dal 24 febbraio al 3 giugno). L’Ue ne ha importato il 61%, per un valore di circa 57 miliardi di euro. I maggiori importatori sono stati Cina (12,6 miliardi di euro), Germania (12,1 miliardi), Italia (7,8 miliardi), Paesi Bassi (7,8 miliardi), Turchia (6,7 miliardi), Polonia (4,4 miliardi), Francia (4,4 miliardi) e India (3,4 miliardi). Nello specifico, le entrate comprendono circa 46 miliardi di euro per il greggio, 24 miliardi per il gas naturale, 13 miliardi per i prodotti petroliferi, 5,1 miliardi per Lng e 4,8 miliardi per il carbone.
La bolletta per l’intero 2022, tuttavia, sarà più elevata. La fiammata estiva dei prezzi, come sottolineato dagli analisti di Goldman Sachs, «rischia di provocare uno choc senza precedenti in Europa». Un fattore che, dicono, «potrebbe causare una recessione tecnica». Ipotesi avallata anche dalla Banca centrale europea nell’ultima puntata del suo blog, di metà mese. E dello stesso tenore è il commento dell’osservatorio di Unimpresa. «Oltre al maggior esborso pagato ai maggiori produttori mondiali – spiega il rapporto – la guerra in Ucraina e il continuo rialzo del prezzo dei prodotti energetici sono un danno diretto grandissimo per la crescita dell’industria italiana: si può stimare che il fatturato 2022 cresca solo dell’1,5%, ben al di sotto del più 4,9% stimato a ottobre». Non solo. L’altro elemento critico è «il forte calo della fiducia di famiglie e imprese, da cui derivano le prospettive negative sulla produzione industriale: elettrodomestici –0,8%, autoveicoli –0,9%, mobili e arredamento aumento pari a 0». Secondo le nuove previsioni, «resteranno positivi nel 2022 solo i settori aiutati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».
I trasferimenti di denaro verso la Russia, avverte la banca olandese Ing, sono destinati a costare caro all’Ue. A oggi l’icasso per Putin è di 84 miliardi, secondo il Crea. E il timore è che a fine anno l’impatto possa superare i 150 miliardi. «Non è uno scenario irreale, perché stoccaggi e approvvigionamenti sono aumentati, e la dipendenza energetica dei Paesi Ue dalla Federazione Russa è ancora elevata», avvertono gli analisti. I quali, però, non si azzardano a fare previsioni per l’autunno. Se non una: «I malfunzionamenti dei gasdotti, come nel caso della turbina Siemens sul Nord Stream 1, sono stati frequenti. E non è un caso». L’Europa è avvisata.
Imprese: aumento del 140% per i costi di produzione
Le imprese sono fra le più colpite dal caro bollette. L’industria manifatturiera italiana arranca. Due gli esempi, metallurgico e alimentari. Nel primo caso, secondo Confindustria, dall’inizio dell’anno a oggi si è arrivati a rialzi del 120% sulle materie prime, e del 140% ai prezzi di produzione. Nel secondo, l’Anicav avverte che è a rischio la filiera del pomodoro, visti i rincari del 1.000% del gas per uso agricolo. Sul fronte del terziario, come riportato dal centro studi Confcommercio, tra luglio 2021 e luglio 2022 gli aumenti della spesa annuale sono arrivati a toccare punte del 122% per l’elettricità e del 154% per il gas. Stessa musica per il gas, con settore alberghiero a +15mila euro e ristoranti a +6mila, mentre per bar e negozi il rincaro annuale si situa tra il 120% e il 130%. E nuovi rincari sono in arrivo. Come spiegato da Stefano Besseghini, presidente dell’authority dell’energia, «in autunno e in inverno ci sarà una fase critica».
Bollette: nuove tariffe tra un mese, rischio ritocchi invernali
A fine settembre l’Arera dovrà fissare l’aggiornamento delle tariffe elettriche e verificare se gli attuali aiuti sono sufficienti. Ma è già allarme, come spiega il presidente di Consumerismo, Luigi Gabriele, che prevede una rapida crescita delle bollette che saremo costretti a pagare. Oggi il Kwh si aggira in media su 0,40 centesimi. A settembre salirà a 0,60 per poi attestarsi a 0,80 centesimi. «Nonostante i 40 miliardi di euro impegnati nell’ultimo anno dal governo, nell’ultima settimana – afferma – molti consumatori ed aziende hanno ricevuto bollette astronomiche». Nello specifico, secondo Consumerismo, lasciare accesi tutti gli elettrodomestici principali, per 8 ore, costerebbe 19 euro. Con la previsione di rialzi si arriverebbe attorno ai 40 euro. Un condizionatore da 1,1Kwh – ad esempio – richiede ai prezzi attuali una spesa di 0,46 cent l’ora. Tenerlo acceso un’intera nottata significa pagare oltre 3,5 euro per un solo giorno. Moltiplicato per un mese significa spendere 105 euro.
Banche, Moody’s lancia l’allarme: “Italia fra le più esposte”
Uno scenario di razionamento delle forniture di gas vedrebbe il sistema bancario italiano tra quelli più «suscettibili all’inflazione dei prezzi dell’energia e alle possibili esigenze di razionamento nell’inverno 2022-23», in un gruppo di sistemi europei che comprende anche l’Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, l’Austria e la Germania. A rilevarlo è uno studio dell’agenzia di rating Moody’s. «I sistemi bancari di questi Paesi, in uno scenario avverso di interruzione completa delle forniture di gas russo, si troverebbero ad affrontare i maggiori aumenti diretti di crediti problematici, in particolare a causa dei prestiti al settore industriale e manifatturiero», dice Moody’s. Che avverte: «Gli effetti si trasmetteranno attraverso le catene di approvvigionamento transfrontaliere e le relazioni commerciali ad altri Paesi Ue, per cui, in misura minore, i prestiti problematici aumenteranno anche al di fuori dei sei Paesi più colpiti».
