Parla uno degli intermediari della New Financial Technology a Treviso: «Nessun segnale del crac fino ai mancati pagamenti di luglio. Qualcuno ci ha messo anche 200 mila euro, chissà se quei soldi salteranno fuori»
TREVISO. «C’era anche amicizia, oltre a un rapporto di tipo professionale, con Christian Visentin. Per questo mi sono fidato: mai avrei pensato a una cosa del genere. Solo in agosto, dopo le prime cedole non pagate a luglio, ho capito che era finita. Ma anch’io sono una vittima, ho perso soldi miei e dei miei familiari: ho sempre reinvestito i profitti perché credevo nel progetto».
A parlare è uno dei broker trevigiani coinvolti e travolti dal caso della New Financial Technology, la società che per oltre tre anni ha proposto e garantito rendimenti stellari (dieci per cento mensile) grazie a un presunto software speculativo di arbitraggio sulle criptovalute (compro dove costa meno, vendo dove pagano di più).
Il finale
Partiamo dalla domanda più diretta, perché è difficile non dubitare della buona fede di un professionista della finanza su un punto chiave come questo: com’era possibile credere a un rendimento garantito del dieci per cento mensile?
«Io sono un appassionato di criptovalute, le conoscevo già di mio – ci racconta il broker trevigiano, che per ovvi motivi chiede di restare anonimo – lo scorso anno in un mese ero riuscito a portare a casa una bella somma con un investimento minimo. Le opportunità nel mondo delle cripto ci sono, eccome».
Certo, ma tali da promettere la garanzia del rendimento? «Ho creduto al fatto che avessero messo in piedi un software capace davvero di portare a casa somme consistenti sugli exchange: se ci ho guadagnato io nel mio piccolo, pensavo che con un meccanismo del genere il rendimento potesse stare in piedi». Mai avuto un campanello allarme che si potesse trattare di uno schema Ponzi? «Sinceramente no: per me è caduto tutto il 5 di agosto, quando la società ha comunicato i problemi interni dopo il mancato pagamento del rendimento del mese di luglio».
Il rapporto con Visentin
Gli chiediamo se ha ancora contatti con Christian Visentin, che secondo la denuncia di un altro dei tre soci di NFT, Emanuele Giullini, si sarebbe intascato il malloppo.
«Se avessi ancora contatti con Visentin sarebbe un problema per lui – dice il broker – sono cliente anche io, e nella mia posizione ci sono anche altri miei familiari, situazione non simpatica, diciamo così. Mi conforta che Giullini sembri tranquillizzare gli investitori, è disponibile, ha la volontà di poter restituire il denaro, a tranche, con un piano di recupero».
Ci crede ancora?
«Le buone intenzioni ci sono, certo, poi finché non si riempie il wallet sono solo parole. Do un voto nove alle intenzioni, poi a livello concreto vedremo. Colpe ce le hanno al pari tutti e tre».
Crede che i soldi si possano trovare o siano spariti?
«Christian Visentin è un programmatore, non è l’ultimo arrivato, ci sono operazioni coin-join che lui sa fare per far perdere la traccia degli spostamenti sulla blockchain convertendo i bitcoin in altre criptovalute. Ma in società stanno facendo, dicono, analisi per risalire fin dove possono».
Dunque questi soldi ci sono o no?
«Stanno ancora cercando, non so se li stiano recuperando. Provare e riuscire sono cose diverse».
La solidarietà
Il momento non è semplice, tra incudine e martello: da una parte il castello che crolla – con anche i propri soldi dentro – e dall’altra i clienti-investitori che pressano per capire che ne sarà dei loro denari.
«Io ho sempre reinvestito e creduto nel progetto, me ne è sempre stata dimostrata la bontà, non avrei mai pensato a una cosa del genere, anche a livello di rapporto umano, c’era amicizia… mi ero fatto progetti economici, la casa, la macchina, l’idea prima o poi di monetizzare».
Per non renderlo identificabile, non diciamo da quanto il broker era dentro, in che zona operava e quanto ci ha investito, ma siamo nell’ordine di decine di migliaia di euro. Questi giorni come sono, nel rapporto coi clienti?
«Mi chiamano, tanti, spesso, ma nei miei confronti sono sereni, pensavo peggio: temevo mi accusassero, invece mi arrivano anche messaggi di vicinanza».
Investimenti più massicci che ha visto?
«Qualcuno ha messo anche duecentomila euro».
Ora è spuntata anche la grana degli assegni di garanzia: a detta di chi ha verificato con JP Morgan Chase, che li avrebbe emessi, sarebbero falsi (noi abbiamo contattato la sede italiana, siamo in attesa di una risposta sul punto, ndr).
«Che tu mi dia un assegno a fronte di un investimento finanziario è una cosa molto strana, un punto di domanda: mai sentito. Se lo avessi saputo, avrei drizzato le antenne e tirato fuori tutto, probabilmente».
Farà denuncia?
«Vedrò».