Se è vero che possiamo conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui tratta gli animali, come sosteneva il filosofo tedesco Immanuel Kant, è altrettanto vero che possiamo conoscere la sua mano, le sue armi e il suo sadismo nel momento stesso in cui esercita violenza su cani, gatti e altri animali da compagnia.
E a dirlo è la scienza: chi uccide o tortura un animale non è solo un individuo inutilmente crudele e privo di empatia, ma un vero e proprio criminale, un pericolo potenziale per tutti noi esseri umani. Su questo aspetto la letteratura criminologica internazionale è molto chiara, quando afferma che esiste un forte legame tra questi odiosi reati e l’escalation in violenza contro deboli, donne, bambini, disabili: non per nulla, l’Oms, Organizzazione mondiale della Sanità, ha inserito già nel 1996 il maltrattamento degli animali tra i disturbi della condotta.
Negli Stati Uniti, l’Fbi classifica il maltrattamento di animali come «reato contro la società», crimine che non è assolutamente considerato di serie B rispetto ad altri, mentre in Australia è ritenuto un indice predittivo di violenze sessuali addirittura migliore di precedenti per omicidi e reati effettuati con le armi. Del resto la cronaca ci offre - purtroppo - esempi quasi giornalieri: «È di pochi giorni fa la notizia che sia il killer della strage di Uvalde, in Texas, che quello di Buffalo avevano un passato di violenza sugli animali» racconta Francesca Sorcinelli, presidente dell’Associazione Link-Italia che si occupa proprio di zooantropologia della devianza e quindi di legami tra questi reati. «E questo non fa altro, casomai ce ne fosse ancora bisogno, che rinforzare l’idea della correlazione tra la crudeltà verso gli animali e i comportamenti deviati verso esseri umani: è tutta una questione di potere e controllo, in entrambi i casi. Questo spiega anche perché molti uomini violenti, prima di infierire o uccidere la propria compagna, infieriscono contro il suo cane o il suo gatto, o qualunque altra creatura alla quale la donna sia affezionata».
Anche se non mancano le eccezioni (vedi i casi come quello, celeberrimo, di Adolf Hitler, grande amante degli animali) questi sono oggettivamente campanelli d’allarme gravi, che non vanno sottovalutati. L’associazione Link li studia da tempi non sospetti, da quando nessuno - quantomeno nel nostro Paese - aveva ancora acceso i riflettori sui tantissimi episodi di femminicidio che avvengono ogni anno in Italia: dal 2009 Link ha trattato centinaia di casi dove la strategia predatoria degli uomini nei confronti degli animali, e a seguire delle donne, si è rivelata terribilmente efficace: «Spesso le donne vittime di violenza o stalking» continua Sorcinelli «si rifiutano di abbandonare la casa dove vivono con i mariti o compagni violenti proprio per non abbandonare i loro “pets”, perché sanno che diventerebbero vittime di crudeltà. Questo è un problema enorme, perché i servizi sociali, che comunque fanno un lavoro eccezionale per aiutare donne e minori, non possono farsi carico degli animali. Bisogna che la vittima stessa si attivi per allontanarli da casa e farli adottare: non è facile, e questo circolo vizioso rischia di far perdere tempo prezioso e quindi vite».
Un vita che per fortuna Link è riuscita a salvare è quella di Sonia, che dopo essere stata per un mese in ospedale, picchiata dal marito, grazie all’associazione di Sorcinelli ha potuto cedere a una famiglia adottiva il suo San Bernardo, Sam. «Mentre la signora era ricoverata», racconta la fondatrice di Link, «il marito non dava nemmeno da mangiare al cane, sapendo che così facendo avrebbe perpetrato la violenza: andava la sorella di Sonia a nutrirlo di nascosto. Ma se non si fosse trovata una soluzione per Sam, Sonia avrebbe preferito morire piuttosto che abbandonarlo. E questa è una caratteristica comune a tutte le donne maltrattate. Ci siamo mobilitati ed entrambi si sono salvati».
Proprio per allargare questo aiuto è stato inaugurato nel 2021 il primo rifugio per donne e minori con al seguito i propri beniamini, grazie al progetto antiviolenza Domina della Polizia locale di Cento, in provincia di Reggio Emilia: una goccia nell’oceano della crudeltà verso gli animali, sperando che da una piccola cosa possa partire un cambiamento, giusto, che sia davvero una volta per tutte dalla parte dei più deboli, compresi gli animali.
