BELLUNO. Cento anni di scout bellunesi. Un secolo ricco di avventure e di crescita che ora, come per un nodo da rinsaldare a un fazzoletto colorato, è pronto a unire nuovi e vecchi scout in un unico grande campo celebrativo. «Ad oggi il gruppo di Belluno conta 120 scout e 20 adulti», spiega il capogruppo Andrea Bristot, «il nostro metodo educativo fa ancora molto presa e possiamo dirci un’associazione in forma».
Il gruppo, denominato Belluno 3, ma costituito dalla fusione dei gruppi 1 e 2, gravita oggi attorno alla parrocchia di Mussoi: «Nei primi anni 2000 è stato necessario fondere i due gruppi bellunesi per mancanza di forze», continua Bristot, «ma attenzione, non intendo dire che mancassero i bambini, che sono sempre stati molto presenti nella nostra associazione, bensì gli adulti».
Il fascino dei più giovani verso lo scoutismo, infatti, non è mai venuto meno (a livello provinciale, gli scout bellunesi contano sette gruppi, mentre in Italia l’associazione sfiora i 200mila iscritti), la difficoltà maggiore per l’associazione, semmai, è intercettare oggi chi è stato scout da ragazzo e che poi ha scelto altre strade: «Siamo alla costante ricerca di adulti interessati a diventare volontari nel nostro gruppo», sottolinea Bristot, «nonostante in tanti ragazzi, una volta adulti, decidano di fare una scelta di servizio alla comunità, non è automatico che questa scelta sia verso lo scoutismo. Molti nostri ex scout sono oggi attivi in associazioni come “Insieme si può...”, nel centro missionario, nella Croce Rossa, eccetera. Questo ci lascia un po’ a corto di adulti, ma fa parte del gioco e lo sappiamo».
Oggi, con un anno di ritardo a causa del Covid, gli scout bellunesi festeggiano i loro primi 100 anni. Per questo il gruppo Agesci Belluno 3 ha organizzato un “campo di gruppo”, in cui sono stati fatti convogliare tutti i livelli di scout: dalle bambine e i bambini che attraverso il gioco si preparano all’avventura delle Coccinelle e dei Lupetti, fino ai capi che offrono il loro tempo volontariamente per educare i ragazzi attraverso il metodo scout.
Il programma del campo
Ma oltre agli scout di oggi, in occasione del centenario, il gruppo ha organizzato anche una tre giorni, dal 12 al 14 agosto, sulla piana di Crede, alle pendici del crinale pedemontano che da Belluno sale da Castoi e Cet verso le Ronce, un appuntamento al quale sono invitati tutti gli scout e i capi che hanno vissuto l’avventura dello scoutismo durante questo lungo secolo di storia. Il programma della tre giorni a Crede prevede domani una cerimonia di apertura alle 17, seguita dalla cena di cambusa e dalla veglia alle stelle; sabato, invece, si inizierà alle 8.30 con l’alzabandiera e si proseguirà con la “caccia alle competenze” e gli intramontabili giochi scout fino alla sera, quando sarà acceso il grande fuoco di bivacco. Domenica, infine, dopo l’alzabandiera, il campo si chiuderà alle 11.30 con la messa e la cerimonia di chiusura. Per informazioni è possibile contattare i numeri 320 1790644 (Andrea) o 340 9165323 (Anna), che forniranno tutte le indicazioni utili.
LEGAME TRA NUOVI E VECCHI SCOUT
Tutti i partecipanti potranno così rinsaldare quel legame generazionale iniziato il 17 luglio del 1921, nel Duomo di Belluno, quando venne benedetta la Fiamma del primo gruppo scout della provincia di Belluno: il “Riparto Belluno 1 – San Martino” dell’Asci, associazione allora solo maschile, e far proseguire nel presente e nel futuro i valori e le tradizioni dello scoutismo. Da allora, infatti, sono stati migliaia i ragazzi e le ragazze che hanno indossato il fazzolettone degli scout di Belluno, associazione che aveva potuto esistere solo per poco negli anni Venti, fino alla chiusura imposta dal Fascismo nel 1928, per poi rinascere prepotentemente nel 1945, con ben quattro reparti scout sorti in città grazie alla spinta del vescovo Girolamo Bortignon. Poi la lunga marcia negli anni della ricostruzione e del Concilio, con l’arrivo nel 1963 delle guide dell’Agi, l’associazione femminile, e la nascita nel 1974 dell’Agesci, dalla fusione di Agi e Asci, con l’intuizione pedagogica della comunità capi e della coeducazione. Una strada che ha visto gli scout impegnati sul fronte del Vajont e dell’alluvione del 1966, del terremoto del Friuli e poi in Irpinia, nelle Marche e ancora all’Aquila. Ma anche più lontano, tra i ragazzi di Sarajevo o in Africa, dal Burkina Faso alla Costa d’Avorio. Una presenza costante nella vita dei bellunesi, che ha educato generazioni di giovani, oggi adulti e anche anziani, rimasti fedeli alla «promessa» di servizio pronunciata da ragazzi, tra le tende, di fronte al fuoco.