BELLUNO. «Caldo torrido e forti precipitazioni localizzate: attenzione agli smottamenti». È suonata come un oracolo la nota del Soccorso alpino del 2 agosto scorso, in tempi non sospetti rispetto al crollo sul Pelmo. In realtà non lo era proprio: l’esperienza sui tipici eventi meteo dolomitici di questa estate, aveva spinto Cnsas e Cai Cortina a sollecitare i turisti a una maggiore attenzione: anche in ragione dell’aumento di scariche e frane di minori dimensioni registrate.
L’ultimo evento sul Pelmo, martedì 9 agosto, non ha fatto che confermare in grande quel che già stava avvenendo nel piccolo: erano giorni che i soccorritori intervenivano per feriti o per persone scampate a sassi, franette, piccole scariche lungo i vari percorsi di montagna, ferrate comprese. Lo stesso martedì, una scarica di sassi sulla Tofana di Rozes ha ferito un alpinista in cordata.
Caldo torrido e bombe d’acqua, sbalzi termici che accentuano la fragilità della roccia dolomitica: «Bisogna evidenziare che lungo i sentieri e le vie ferrate si possono verificare, ancor più che in altre annate, smottamenti o cadute di sassi. Particolarmente pericolosi per gli escursionisti sono i passaggi nei conoidi di ghiaia e sassi, lungo e sotto le pareti rocciose, su sentieri scoscesi e percorsi attrezzati», proseguiva nella sua allerta, il Cnsas.
«Confermo che girare in montagna vuol dire girare in un ambiente soggetto a situazioni particolari che si verificano con forti precipitazioni», afferma Luigi Alverà, presidente del Cai Cortina. «Ora non abbiamo più il problema del caldo torrido, ma anche le precipitazioni di venerdì hanno generato su sentieri e strade ferrate cadute di ghiaia e piccoli smottamenti. Ecco l’invito è a fare attenzione, magari a tornare anche sui propri passi. Se uno vede che il passaggio non è libero è meglio tornare sulla strada che si è percorsa. Occorrono buon senso e giusta attrezzatura: oltre alle scarpe, in questo periodo bisogna essere in grado di coprirsi, gli acquazzoni possono esserci sempre, bisogna potersi spostare».
Prima la testa e poi le gambe: scegliere percorsi più tranquilli, evitare i più esposti, verso zone impervie. «Gli sbalzi di temperatura sulle rocce creano questi scompensi e i distacchi», continua Alverà, «ghiaioni invece ne abbiamo ovunque, formati dal movimento delle rocce cadute che possono muoversi. Sono fenomeni naturali in un ambiente naturale: come le onde del mare, hanno dei cicli. La montagna col bel tempo è tutta facile, se poi ci sono queste forti piogge concentrate in zone particolari, si rischia. Sono fenomeni che vanno monitorati, ma fanno parte dell’evoluzione delle nostre Dolomiti, che non sono granitiche, ma fessurate: se la pioggia entra e gela, apre il volume e ne stacca dei pezzi. Cose non prevedibili: l’attenzione è la cosa più importante, conoscere le proprie capacità essere attrezzati e valutare oltre al percorso il tempo che si impiega per eseguirlo. E avere la capacità di tornare sui propri passi in caso di problemi».
«Non ci sono ricette e non voglio fare allarmismi: il rischio zero non esiste ma non possiamo vietare la montagna» dice Rodolfo Selenati, responsabile regionale del Cnsas. «Serve buon senso. Evitare località dove si sono già verificati problemi di tenuta delle rocce o sentieri già franati. Bisogna conoscere il territorio per andare e se non lo si conosce, meglio chiedere informazioni ai valligiani, al Cai e a chi ne sa più di noi. Sul Pelmo dopo dieci anni c’è stato un distacco nello stesso punto in cui morirono i nostri e ne verranno altri, che non possono essere previsti... Ma non è che ora dobbiamo stare tutti sul divano».
