La Guardia costiera è sulle tracce di altre due barche che potrebbero entrare nell’inchiesta sommaria che sarà aperta dall’autorità marittima sull’incidente nautico di Porto Cervo in cui è rimasto vittima il manager tedesco Dean Kronsbein, morto per le lesioni riportate nell’urto della sua barca, il Cherokee 64 “Amore”. Un’inchiesta prevista dal codice della navigazione, che si affianca a quella già avviata dalla procura di Tempio Pausania.
Le indagini
La magistratura sta cercando di ricostruireil sinistro marittimo a Li Nibani, così da individuare le responsabilità. Il 10 agosto sarà conferito l’incarico a un consulente tecnico, l’ingegnere Marco Mureddu, che avrà il compito proprio di arrivare a una risposta sulla dinamica, mentre sempre lo stesso giorno verrà conferito l’incarico a un altro consulente, Giovanni Saba, per gli accertamenti sulla strumentazione di bordo sequestrata (i Gps, essenzialmente, con i quali si può risalire alle rotte). La procura ha sequestrato, oltre al relitto di ”Amore”, anche il Magnum 70 dei Berlusconi, “Sweet Dragon”, tra i primi a prestare soccorso all’equipaggio del Cherokee 64, ma che potrebbe essere stato anche parte dell’incidente. Almeno, secondo le dichiarazioni del comandante della barca finita sugli scogli, Mario Lallone, 67 anni, abruzzese di Giulianova, che avrebbe sostenuto di aver compiuto una manovra evasiva per evitare il sopraggiungente “Sweet Dragon”.
Lallone è indagato per omicidio colposo e lesioni, insieme con il comandante della barca dei Berlusconi, Luigi Cortese, 57 anni, originario di Ischia e residente ad Olbia. Quest’ultimo, attraverso il suo legale, contesta le accuse del collega: dice di aver accostato a dritta come previsto dai regolamenti per evitare gli abbordi in mare, di ave fermato e invertito i motori. In sintesi, sostiene che il comandante di “Amore” abbia sbagliato manovra.
Le altre due barche
Sarebbero state presenti altre due barche nella zona dello schianto. Una di dimensioni più piccole rispetto al Magnum e al Cherokee, il cui equipaggio sarebbe anche intervenuto per prestare soccorso agli occupanti di “Amore”, e una terza battente bandiera maltese che non si sarebbe fermata. Forse, perché a bordo non si sono accorti di quanto era e stava accadendo?
Le due imbarcazioni sono oggetto delle ricerche della Guardia costiera, gli equipaggi saranno sentiti come testimoni.
Concorso di colpa?
Quel che è certo è che “Amore” stava navigando da Sud verso Nord (Porto Cervo) ed è entrato nel passaggio delle Rocche, nelle isole Li Nibani; e ancora, che “Sweet Dragon” navigava con rotta contraria, da Nord verso Sud (Porto Rotondo), e anch’esso è entrato nel passaggio.
Si tratta di una zona di mare assoggettata alle regole del Parco nazionale della Maddalena, nei cui confini sono comprese le stesse Li Nibani. Si tratta di una zona interdetta alla navigazione. Il Parco può rilasciare dei permessi, è previsto forse un pass ai residenti, ma in questo caso sulle carte Li Nibani è riportata come zona di riserva integrale, dunque lì non dovrebbe valere alcun lasciapassare. Dunque, quelle barche lì non dovevano esserci. Tutte.
Ci sono poi altri elementi accusatori. La velocità elevata. Il passaggio è stretto, infido, ci sono secche, scogli. Un conto è affrontarlo a 7 nodi (il limite massimo previsto nei tratti del Parco), un conto a 30. E la velocità sarà proprio uno degli elementi che, attraverso le strumentazioni, dovranno accertare gli investigatori.
Altro aspetto da tenere presente è quello delle dimensioni delle barche. Si tratta di motoscafi da 21 metri, grandi. Un conto è imboccare il passaggio con un gommone, altro è farlo con un’imbarcazione dalle dimensioni importanti.
Quanto poi alla dinamica, va tenuto conto che il sole tramontava alle 20.45 e che l’incidente è occorso poco prima delle 20.50. Dunque, la luce non era perfetta, e di conseguenza la visibilità poteva essere ridotta. C’è, infine, il particolare delle eliche di superficie, di cui sono dotate le due barche in questione: consentono, se si toglie gas, di bloccare la planata e di fatto di “far cadere” la barca, che non plana più e diventa dislocante, con tutto lo scafo in acqua. Se si fermano i motori e se si inverte il senso di marcia, la barca si ferma. Così dice di aver fatto il comandante dello “Sweet Dragon”. E su “Amore”? Stiamo parlando di comandanti esperti, che hanno ben presente cosa fare.
Perché il punto è proprio questo. Come si fa a lanciarsi a tutta velocità – diversamente, i danni sarebbero stati più contenuti – contro gli scogli dell’Isola delle Rocche? Una botta incredibile, che denota appunto la velocità. E perché, visto che navigava da Sud a Nord, “Amore” non ha accostato a dritta, verso il mare aperto, ma a sinistra, contro la barriera di granito? Una manovra d’istinto? C’era una terza barca che ha indotto chi fosse al comando ad accostare a sinistra perché la dritta era ostruita?
Altri incidenti
Sempre in Costa Smeralda uno yacht di 52 metri, Ciao, che stava uscendo dalla baia di Porto Cervo, ha urtato un gommone con due persone a bordo: è stato lanciato il Mayday dal battello pneumatico, nel quale si è aperto una falla, gli occupanti sono stati soccorso da una motovedetta dei carabinieri, non ci sono stati feriti.
Alcuni giorni prima c’era stata un’altra collisione a sud dell’Isola del Tino, nel golfo della Spezia, dove un’imbarcazione a motore di 13 metri – diretta a Castelsardo, a bordo i marinai che dovevano trasferirla per lavoro – ha travolto un gozzo sul quale stava pescando un sessantenne, che nell’urto è rimasto gravemente ferito (è stato ricoverato con prognosi riservata, operato alle gambe). L’ipotesi è che il tredici metri stesse viaggiando a velocità sostenuta.
Volendo allargare il discorso, e generalizzare, sembra che uno degli elementi comuni dei sinistri sia la velocità sostenuta. Dunque, l’imprudenza. E, ovviamente, la concentrazione di barche nei luoghi più gettonati aumenta il rischio di collisioni, urti, incagli. Incidenti per fortuna rari, rispetto ad altre tipologie di mobilità.