La leader ha polarizzato la campagna elettorale e irrita gli alleati che reagiscono. Fi mostra l’anima europea con il Ppe nel suo simbolo
Roma. La strategia di Giorgia Meloni è semplice: «O io o Enrico Letta». La leader di Fratelli d'Italia sta portando avanti questo schema già da alcuni mesi, la coppia di rivali si è cercata e trovata in diverse occasioni, presentazioni di libri, convegni, appuntamenti pubblici. Lei ci ha scherzato su, «siamo come Sandra e Raimondo», ma poi si è pentita di una battuta che lasciava intendere una complicità eccessiva. Eravamo però lontani dalle elezioni, o almeno così si pensava. Tanto che qualcuno aveva anche azzardato una possibile convergenza per un governo di emergenza. Scenari mai concreti e, almeno per il momento, superati dagli eventi.
Ora invece siamo in un altro mondo, si vota fra meno di due mesi e Meloni nel frattempo è riuscita a farsi riconoscere dagli alleati, sia pur tra mille gelosie, come leader della coalizione. In questo antipasto stanco di campagna elettorale la strategia non sembra cambiata: polarizzare al massimo per definirsi come leader. Attraverso questa polarizzazione, spiegano da via della Scrofa, si accentua il profilo di partito conservatore, che si oppone a quello progressista, in un’ottica presidenzialista.
Un'altra prova si è avuta ieri quando Letta e Meloni si sono sfidati su Twitter: «Secondo Enrico Letta i giovani sono stati rinchiusi in casa durante la pandemia, nonostante rischiassero davvero poco. Ora te ne accorgi Letta?», ha scritto la leader di FdI, riferendosi all'intervista concessa dell'ex premier al Tg2 Post. «Dico solo - è la risposta del segretario dem - che per fortuna non eravate al governo durante la pandemia. I giovani rischiavano poco ma contagiavano come gli altri. Si sono sacrificati per salvare la vita di tanti più fragili».
E i primi sondaggi seguiti alla caduta del governo Draghi sembrano indicare che la cosa funzioni, sia per l'uno che per l'altro: nelle ultime due settimane, secondo la supermedia dei sondaggi YouTrend/Agi crescono Fratelli d'Italia e il Partito democratico. Se i due rivali salgono, a scendere sono gli altri partiti della coalizione di centrodestra e la cosa ha ovvie ripercussioni interne.
Dopo mesi di polemiche durissime, ora gli scontri vengono messi da parte, c'è un interesse comune: vincere le elezioni. Eppure la campagna elettorale portata avanti da Meloni suscita molte perplessità, specie in Forza Italia, con il timore che mettere da parte una personalità come quella di Silvio Berlusconi sia un gioco pericoloso. «Meloni sta facendo un errore - spiega un dirigente azzurro che chiede di restare anonimo, perché non è tempo di liti interne - gioca una sfida personale con il Pd, quando invece potrebbe portare avanti un altro discorso: valorizzare il fatto che la nostra coalizione è coesa, mentre dall'altra parte c'è un'accozzaglia indefinita. Dovrebbe, insomma, sostituire l'Io con il Noi». Sottotraccia riemerge quindi la critica dei mesi scorsi: Meloni non è una leader.
Forza Italia nel frattempo si organizza, chiede che si voti un giorno anche di lunedì, e punta tutto sull'identità moderata. Lo sforzo di queste ore è di allontanare l'immagine del partito che ha affossato Draghi, con il rischio di allontanare fasce di elettori oltre che di eletti (i tre ministri e i parlamentari). Per sottolineare il profilo europeista, che manca gli altri due alleati, Forza Italia aggiungerà nel proprio simbolo quello del Partito popolare europeo, di cui Antonio Tajani è vicepresidente. Un innesto grafico con molte implicazioni politiche.
Il Cavaliere è tornato ad Arcore per definire la strategia di una campagna elettorale che lo vedrà protagonista. L'intervista a “Zona bianca” su Rete 4 di giovedì scorso è solo la prima presenza a un talk show di una serie che si immagina lunga. Berlusconi, come sempre, comparirà nei manifesti 6x3, ma ha deciso di sbarcare con più vigore sui social, negli ultimi giorni sta registrando i video che verranno postati su Instagram e Facebook. La lista dei possibili ministri è ancora piuttosto labile e sarà soggetta alle molte variabili di queste settimane, ma i nomi che si fanno in queste ore sono Alessandro Cattaneo alle infrastrutture e Andrea Mandelli, vicepresidente della Camera e presidente dell'Ordine dei farmacisti, adatto, secondo Arcore, per la Sanità. In un governo di centrodestra ci sarà molto probabilmente anche Tajani, magari alla Farnesina, anche se agli Esteri Meloni vorrebbe puntare su un tecnico di alto profilo come Giulio Terzi di Santagata o Elisabetta Belloni.
