VENEZIA. “Orfani” di Mario Draghi, interpreti della Lega non sovranista (quella governista, nonostante i loro appelli, si è sbriciolata) e pronti a ripetere fino allo sfinimento che non cederanno alle sirene romane rifiutando, fin d’ora, l’ipotesi di reggere un ministero nel prossimo governo di centrodestra.
Strano destino quello di Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, campioni di consenso popolare e di distinguo rispetto alla Lega plasmata da Matteo Salvini. Strano destino perché ieri, dopo aver sfogliato i quotidiani nazionali (intervista a Zaia sul Corriere della Sera, intervista a Fedriga su La Stampa), più di qualcuno all’interno del Carroccio ha trovato due conferme.
Il rapporto tra Zaia e Salvini, così come quello tra Fedriga e il “Capitano”, è al lumicino, ma nonostante questo (e siamo alla seconda conferma) difficilmente i due espliciteranno il disagio o la contrarietà rispetto alla linea del segretario della Lega. Non mancano, però, di veicolare messaggi diversi.
Il presidente del Veneto, proprio mentre il segretario in felpa torna con prepotenza a parlare di difesa dei confini nazionali per fermare gli sbarchi dei migranti, affida al Corsera la sua “ricetta” per vincere le prossime elezioni che poco o nulla sembra avere a che fare con quella di Salvini.
«Potremmo anche vincere le elezioni. Ma se non lanciamo il cuore oltre l’ostacolo, rischiamo di costruire un governo che finisce un’epoca senza iniziarne una nuova» ha sottolineato Zaia. Secondo il presidente della Regione l’errore più grande che potrebbe fare la destra è «avere paura di cambiare».
«Io non penso che le maglie politiche possano diventare divise militari - sottolinea - credo che come Lega e come centrodestra abbiamo dei valori, alcuni dei quali irrinunciabili. Ma i progetti che dobbiamo costruire, devono rifuggire da facili fondamentalismi e da dogmi indiscutibili. Dobbiamo uscire da gabbie ideologiche che lasciamo volentieri alla sinistra».
Secondo Zaia, non si può «lasciare alla sinistra il monopolio del pensiero sociale, non possiamo appaltare ad altri riflessioni sull’ambiente, che è un tema che coinvolge intere filiere». Ma non solo: «Arrivo a dire che noi dobbiamo avere un punto di vista anche su sessualità e “nuove famiglie” che non sia un riflesso condizionato - commenta- essere di centrodestra non vuol dire coccolare amarcord ideologici. Dobbiamo contrastare una narrazione che ci descrive come quelli con l’anello al naso».
Per Zaia bisogna pensare ai giovani «e su quella base, prendere decisioni magari impopolari». Secondo il presidente del Veneto per vincere le elezioni e formare un governo «la conditio sine qua non è un programma solido, condiviso e di grande visione. Dobbiamo disegnare il Paese che vogliamo per i prossimi 15 anni».
Dal vicino Friuli-Venezia Giulia, Fedriga intanto assicura: «Non farò il ministro. Rimarrò in Regione, se i cittadini mi rivoteranno nel 2023. Preferisco fare il presidente della mia Regione» ha detto a La Stampa. Secondo Fedriga, «Draghi ha un’autorevolezza riconosciuta da tutti: quando parla condiziona le decisioni degli altri capi di Stato, e questo è stato un vantaggio enorme per il Paese».
È stato, appunto. E parlando, poi, di una possibile vittoria del centrodestra alle elezioni pensa che «non ci sia nulla di scontato, anche se i sondaggi ci danno la vittoria a mani basse. Dobbiamo lavorare, dare la certezza agli elettori che abbiamo persone capaci di mettere in pratica le cose, abbiamo degli esempi nelle Regioni e nei Comuni». Non pervenuta, a quanto pare, la Lega di governo che pure, per limitarsi al solo Salvini, ha avuto in tempi recenti un vicepresidente del consiglio dei ministri.
A proposito di Roma: governo fallimentare in arrivo, con Lega in caduta? Meglio tenersi distanti.