di Felice Torricelli *
Fa notizia, in questi giorni, il fatto che le richieste di accesso al cosiddetto Bonus Psicologo abbiano superato le 130.000 richieste in soli tre giorni.
Fin dall’introduzione delle prime misure per contrastare la pandemia è stato osservato un aumento (+25% secondo l’Oms) dell’incidenza dei disturbi emotivi, non solo tra coloro che si ammalavano di Covid (per i quali il rischio di disturbi psicologici è aumentato fino al 60%) ma anche nella popolazione generale. Merito dello stress senza precedenti causato dall’isolamento sociale e dalle limitazioni imposte alla possibilità di lavorare, cercare sostegno e impegnarsi nelle comunità, ma anche dalla solitudine, dalla paura dell’infezione, dalle preoccupazioni finanziarie.
Paradossalmente, in questi due anni il mondo scientifico ha prodotto una imponente quantità di ricerche sull’impatto del Covid-19 sulla salute mentale ma troppo poco è stato fatto per potenziare in maniera strutturale i servizi pubblici per la salute mentale. In Italia i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) non hanno un’organizzazione specifica per il trattamento dei Disturbi Emotivi Comuni, che sono quelli più frequentemente legati dalla pandemia. Nati dalla chiusura dei manicomi e caratterizzati da un’organizzazione centrata sul trattamento territoriale dei disturbi mentali più critici (psicosi, gravi depressioni, disturbi di personalità) i DSM italiani non hanno sviluppato una uguale competenza nel trattamento dei disturbi meno gravi.
Tuttavia il carico di sofferenza, di disabilità e di costi sociali dei Disturbi Emotivi Comuni è anche maggiore di quello dei disturbi gravi, perché pure questi possono essere estremamente invalidanti ma, in più, sono molto più diffusi (circa il 20% della popolazione, prima della pandemia). Inoltre, questi disturbi impattano sulle persone nel pieno della loro vita attiva, lavorativa e familiare, con danni sociali particolarmente elevati. Ancora, questi disturbi così diffusi toccano particolarmente chi è in povertà, anche perché ha minori risorse culturali ed economiche per curarsi adeguatamente, in un sistema sanitario pubblico che non eroga interventi psicologi accessibili a tutti, e questo aggrava la situazione di chi ha già una condizione lavorativa e sociale precaria.
Gli effetti della pandemia sul disagio psicologico hanno aumentato la sensibilità circa la necessità di rendere finalmente accessibili a tutti i trattamenti psicologici per i disturbi emotivi più diffusi. Ora è indispensabile passare a realizzare un sistema pubblico che garantisca questo tipo di interventi.
L’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente concluso la “Consensus Conference sulle Terapie Psicologiche per Ansia e Depressione” per individuare e promuovere gli interventi più efficaci per la prevenzione e la terapia di questi disturbi. Su questa base, Enpap, l’Ente di previdenza e assistenza degli Psicologi, ha deciso di realizzare, con fondi propri, un intervento concreto per l’accesso ai trattamenti psicologici per ansia e depressione, che sono i più diffusi disturbi emotivi. Il progetto si chiama “Vivere Meglio” e diverrà operativo dal prossimo 1° ottobre. Offrirà gratuitamente, ai cittadini sopra i 16 anni, materiali di autoaiuto e servizi di screening dei disturbi emotivi nonché trattamenti psicologici completi per l’ansia o la depressione da parte di 1.000 psicologi in tutt’Italia.
Oltre che alleviare le difficoltà legate all’aumento dei disturbi psicologici e riattivare le risorse intellettuali e creative di tante persone, consentirà la raccolta di dati scientifici, utili per valutare i miglioramenti nella qualità di vita delle persone, per stimare i valori economici risparmiati o ri-generati attraverso la cura psicologica e, speriamo, per realizzare un sistema pubblico permanente per il trattamento dei Disturbi Emotivi Comuni anche nel nostro Paese.
*Psicologo e psicoterapeuta
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