VENEZIA. Coraggio Italia è pronta a scendere in campo «anche nel proporzionale con il proprio simbolo e non solo nei collegi uninominali» a fianco di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ma il suo leader Luigi Brugnaro resta a fare il sindaco di Venezia. I progetti di leadership riguardano il Veneto e se ne riparlerà tra qualche anno.
Nessuna sorpresa a Ca’ Farsetti: il diktat legislativo, che impone le dimissioni a chi governa i Comuni con oltre 20 mila abitanti e si vuole candidare alla Camera e al Senato, è un ostacolo troppo duro da dribblare e Brugnaro non ha tradito il patto rinnovato nel 2020 con i veneziani. Nelle grandi città non ci sarà nessuna fuga dei sindaci: Beppe Sala a Milano sta costruendo il movimento dei Verdi in sintonia con Di Maio ma non intende lasciare la poltrona di Palazzo Marino.
Da Venezia, Brugnaro ha lanciato segnali netti alla coalizione. «Come Coraggio Italia noi ci presenteremo anche nel proporzionale dove i collegi vengono assegnati dal fatto che gli elettori ti diano i voti», ha spiegato in un’intervista con SkyTg24.
Il movimento non sarà presente solo negli uninominali di centrodestra: il patto siglato alla Camera prevede 98 seggi a Fratelli d’Italia, 70 alla Lega e 42 a Forza Italia e Udc. Ne restano 11 da dividere tra Coraggio Italia, Lupi e Quagliariello, Rotondi, Sgarbi e poi Toti e Marin, esclusi dal vertice che ha incoronato la Meloni futura premier. Il centro moderato della destra, che oscilla tra l’1 e il 2%, ha molti big da piazzare e la lotta per i seggi sicuri sarà durissima.
«Quelli del proporzionale sono collegi veri, li danno gli italiani con il proprio voto» ha aggiunto Brugnaro. «Noi siamo un movimento civico, io sono un sindaco, ho una maggioranza di centrodestra e da sei anni amministro Venezia benissimo e credo che per coerenza fosse giusto affrontare questa grande sfida. I cittadini devono guardare i curricula delle persone, guardino cosa hanno fatto di concreto nella vita. Ci sono politici che non hanno mai fatto nulla e mi chiedo come possano prendere decisioni consapevoli».
Il presidente di Coraggio Italia, com’è nel suo stile, è poi passato dalla teoria alla pratica: «Se io vado dal medico» ha aggiunto, «mi interessa che sia bravo non che sia figlio di qualcuno o abbia una tessera, per guidare un’auto ci vuole un esame di teoria e uno di pratica mentre per fare il ministro non serve nulla. I cittadini con un segno di matita potrebbero cambiare il Paese, le riforme sono più importanti del Pnrr».
Ma com’è andata nel vertice di centrodestra a Montecitorio? Brugnaro nel suo intervento, mercoledì a Roma, ha ribadito di essere pronto a sostenere Giorgia Meloni premier senza alcuna riserva: è giusto che la guida del governo venga affidata al leader del partito che prende più voti. E nella campagna elettorale non lesinerà risorse, com’è nel suo stile per ottenere un risultato in grado di superare almeno l’1%. O si resta a mani vuote.
Dopo aver rotto il patto con Giovanni Toti e Marco Marin, che gli hanno garantito il gruppo parlamentare alla Camera con la scissione di quasi 30 deputati da Forza Italia, Brugnaro ora ha scelto come braccio destro Andrea Causin, senatore eletto con Berlusconi e poi entrato nel gruppo Misto Maie-Coraggio Italia. E in Veneto che aria tira? Dei 17 collegi uninominali è probabile che almeno 9 o 10 vadano alla Lega, 4-5 a FdI, 2 Fi, 1 all’Udc e 1 a Brugnaro. E Marco Marin? Un vero mistero.