Ha senso tutto questo germogliare di appelli, suppliche e contrappelli rivolti a Mario Draghi? Meglio ancora: sono compatibili con le regole, e se vogliamo persino i riti, di una democrazia parlamentare? O non sono altrettanti indizi, neanche tanto larvati, di quell’italico provvidenzialismo che in ultima analisi è la livida cuspide di ogni populismo? Proprio così: il […]
L'articolo L’appello a Draghi è l’altra faccia del populismo. Il Parlamento o è sovrano o è una barzelletta sembra essere il primo su Secolo d'Italia.
Ha senso tutto questo germogliare di appelli, suppliche e contrappelli rivolti a Mario Draghi? Meglio ancora: sono compatibili con le regole, e se vogliamo persino i riti, di una democrazia parlamentare? O non sono altrettanti indizi, neanche tanto larvati, di quell’italico provvidenzialismo che in ultima analisi è la livida cuspide di ogni populismo? Proprio così: il ricorso alla firma, alla petizione, all’appello al premier altro non è se non l’altra faccia del fenomeno aborrito, almeno a chiacchiere, dagli stessi fautori del pressing istituzionale. Ma ce n’è anche per il pressato Draghi. È politicamente consono il suo atteggiamento da nume irato solo perché il M5S è scappato dall’aula pur di non negargli la fiducia? Perché è così che si legge il non-voto grillino, altro che presa di distanza.
Ma Draghi ha rovesciato la visuale per ritirarsi sul suo personalissimo Aventino. Incredibilmente. Non vedeva l’ora di andarsene per sfuggire alle emergenze settembrine o è davvero troppo permaloso? In ogni caso, si espone al sospetto di essere politicamente unfit. È quel che avrà probabilmente pensato anche Mattarella, trovandoselo di fronte scocciato e dimissionario. Per averne certezza, bisognerebbe aprire la scatola nera dei pensieri inespressi del capo dello Stato. Ma è difficile che uno abituato alla lotta politica come “sangue e merda“, secondo la ruvida definizione di Rino Formica, arrivi a comprendere l’irrimediabile corruccio di un ex-banchiere contro un partner della sua stessa maggioranza. Che pretendeva Draghi? Che Conte restasse in silenzio mentre gli infilava le dita negli occhi?
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Uno cresciuto a pane e politica non solo non l’avrebbe mai fatto, ma non l’avrebbe neanche pensato. E siamo al punto: la democrazia italiana può restare abbarbicata agli umori di un uomo che ne ignora la prassi e le liturgie? “È proprio per questo che dobbiamo tenercelo stretto“, obiettano i suoi estimatori: i Letta, i Calenda, i Renzi, i Brunetta, i Giorgetti e compagnia governante. Ma è una tesi davvero singolare, che pretende di piegare alle ragioni di una pretesa (e presunta) efficienza la dialettica parlamentare. E, per giunta, a regole invariate. Troppo comodo. Chi vuole un Parlamento meno sovrano e meno protagonista non ha che da interrompere la gnagnera sulla Costituzione «più bella del mondo» e guardare altrove. Vi piace il Draghi libero dai lacciuoli dei partiti? Bene, la soluzione c’è e si chiama presidenzialismo. Provare per credere.
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