Ad Andrea Spinelli, scrittore, è stato diagnosticato un cancro al pancreas nel 2013, dopo un accesso al pronto soccorso
PORDENONE. La priorità era chiara: esami da svolgere entro dieci giorni. La realtà altrettanto: posto non disponibile prima di tre mesi. In Friuli Venezia Giulia però, perché in Veneto è bastata una settimana, in convenzione. Quella che potrebbe essere una storia ordinaria di liste d’attesa (infinita), a cui i cittadini sono tristemente assuefatti, diventa un caso su cui riflettere perché il paziente è un malato di cancro, un paziente che per definizione non può attendere. Il tempo, bene prezioso nel ventunesimo secolo, per un malato di cancro è un vero e proprio lusso. Lo sa bene Andrea Spinelli, «sopravvivente al cancro al pancreas» come si definisce lui stesso, scrittore, blogger seguitissimo e punto di riferimento per tanti. Al punto che la sua vita – resa speciale dall’aver affrontato una malattia camminando, attività che gli ha permesso di tenere a bada l’avanzata del tumore – è stata anche oggetto di un documentario da parte della televisione di Stato svizzera.
Dallo scorso dicembre, come ha ricostruito Spinelli nel suo blog, è arrivato un male progressivo al piede sinistro. Prima lieve, poi acuto, molto doloroso. A maggio scorso, su disposizione dell’oncologo che lo segue, si è sottoposto a un controllo ortopedico al Santa Maria degli Angeli. «C’era la preoccupazione – ricostruisce Spino – che il problema fosse collegato alla malattia. Ora posso dire che non è così, ma a maggio i medici avevano questo dubbio». Da qui la prescrizione di due esami: raggi ed ecografia tendinea, prima del controllo per la diagnosi. L’impegnativa aveva la priorità B per cui gli esami «avrebbero dovuto essere eseguiti in 10 giorni. Ho chiamato il Cup del Friuli Venezia Giulia e gli esami erano disponibili uno il 4 e uno il 30 agosto, dopo circa tre mesi. Per me non era sostenibile: camminare è essenziale nel mio caso, la mia malattia è strettamente legata a questa attività».
Che fare? «Mi sono rivolto alla Salus a Belluno che, mandando una semplice mail, mi ha richiamato e fissato, a una settimana dalla visita, entrambi gli esami. Questa cosa mi distrugge nel mio equilibrio, nel mio voler bene alla sanità di questo territorio». Spinelli infatti racconta sempre che «è stata l’oncologia all’ospedale di Pordenone a salvarmi la vita». A Spinelli, infatti, è stato diagnosticato un cancro al pancreas nel 2013, dopo un accesso al pronto soccorso.
Alcuni giorni fa, con l’esito delle analisi in mano, l’ultimo controllo: «Il medico non era quello che mi aveva visto la prima volta e che mi aveva prescritto gli esami, perché tramite il Cup questo non è previsto. La buona notizia – ha detto – è che il tendine non è rotto. È salvo per fortuna, però la massa molle è aumentata dietro di 13 millimetri e un liquido sotto lo sperone mi dà problemi. Dopo 15 chilometri mi devo fermare, non posso andare in salita. Mi sono stati prescritti degli integratori e proposta una protesi. Antidolorifici non ne posso prendere. I dolori sono molto forti, ma si dovranno mettere in coda a quelli del cancro, non posso smettere di camminare. Non posso fermarmi perché ho bucato». Ma al di là della propria situazione, Andrea Spinelli pensa a chi si è ammalato e ancora non lo sa. «Non va bene che si debba andare a in un’altra regione per curarsi. Questo purtroppo sta succedendo anche ad altri malati di cancro. La prevenzione invece è fondamentale, in tanti me lo segnalano: non si può aspettare sei mesi per una tac o una risonanza perchè uno a cui va diagnosticato un cancro fa in tempo a morire. Ai politici dalla regione chiedo: occupatevi di questo».
Non va bene, come non va bene che non ci siano percorsi dedicati per chi ha un tumore: tutti gli esami e le visite dovrebbero avere tempi ristretti e l’accesso non dovrebbe avvenire tramite Cup. Perché il cancro cambia del tutto la vita di un paziente. Perché anche un problema al piede, come insegna l’esperienza di Spinelli, diventa una montagna in salita da dover scalare ogni giorno. E se le condizioni sono queste, la scalata è ancor più pericolosa perchè il malato la fa da solo