FAVRIA. Torna il nome di Pasquale Motta, tra i promotori dell’associazione a delinquere dedita alle truffe bancarie e allo Stato, che è stata oggetto della maxi operazione dei carabinieri coordinati dalla procura di Torino. Il 48enne difeso dall’avvocato Renato Cravero è noto a Favria e in tutto il Canavese per la vicenda della Casa del Sole, conclusasi con una condanna per aver riciclato, attraverso l’ospizio di Villa Nizzia, i soldi della cosca ’ndranghetista Pensabene. Ora per il crack della casa di riposo, è in corso un altro processo in tribunale a Ivrea, in cui Motta è imputato.
Questa volta Motta è ritenuto insieme al 54enne di Favria Cesare Scalise, difeso dall’avvocato Luca Fiore, anche lui indagato per associazione a delinquere, un socio occulto della Enimond e parecchia documentazione in proposito sarebbe stata ritrovata proprio a casa del 48enne.
Secondo l’ipotesi accusatoria Scalise avrebbe acquistato da Marco Fasano (ritenuto parte del sodalizio e arrestato nell’inchiesta) le quote della Enimond sotto l’alias di Paolo Locatelli, personaggio inventato ma fornito di documenti falsi.
Dal 2018, poi, la gestione occulta della Enimond sarebbe passata a Crescenzo D’Alterio (arrestato nell’inchiesta), che l’avrebbe successivamente utilizzata per compiere le truffe, anche se Scalise avrebbe continuato ad utilizzare l’alias di Locatelli. Ad esempio, nel 2018, D’Altiero e Scalise, nei panni di Locatelli, secondo gli inquirenti, hanno utilizzato la Enimond per carpire la fiducia di una banca di Torino ottenendo un finanziamento di 300mila euro garantito per 240mila attraverso il Fondo nazionale di garanzia per le piccole e medie imprese del ministero dello Sviluppo economico. E così per molte altre operazioni simili.
I soldi, poi, venivano riciclati attraverso alcune società di comodo. In un caso, invece, ci fu l’acquisto per 20mila euro di un Rolex Daytona, venduto tramite il portale Subito.it.
Motta e Scalise, inoltre, sono indagati in concorso per aver noleggiato tre auto Volskwagen in leasing, con i soldi della Enimond. Secondo gli inquirenti, poi, le avrebbero rivendute per circa 75mila euro e la società non ne sarebbe più rientrata in possesso. Naturalmente i documenti erano quelli di Paolo Locatelli, l’uomo che in realtà non esisteva.