TRIESTE. Alla fine ha dovuto abbandonare la casa di via di Monrupino, a Opicina, dove viveva, perché sotto sfratto. E sistemarsi, con la figlia di 10 anni, nell’abitazione dall’anziana madre a Gradisca.
Una soluzione temporanea e d’urgenza, che però gli permette di respirare, per qualche giorno. Ma il suo caso rischia di moltiplicarsi, vista la situazione economica generale.
Parliamo di Stefano Possamai, separato, licenziato nella primavera del 2020 dal suo impiego di cuoco a causa del calo dei clienti registrato nel locale in cui lavorava, penalizzato dalla pandemia, e da quel momento impossibilitato a pagare l’affitto dell’appartamento di Opicina in cui abitava.
Pur avendo trovato una nuova occupazione in una cooperativa, infatti, Stefano, in conseguenza del cambio di attività, ha visto ridursi in maniera molto netta il suo reddito.
«Ho versato parte dell’affitto in base alla mia disponibilità – spiega – ma nel frattempo il contratto di locazione è scaduto e la proprietaria si è rifiutata di concedermi una proroga, intimandomi lo sfratto».
Una situazione che gli ha pure impedito di ottenere una risposta positiva dall’Ater, cui si era nel frattempo rivolto, perché non gli può essere riconosciuta la condizione di morosità incolpevole. «Abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità per aiutare questa persona – spiega Carlo Grilli, assessore alle Politiche sociali – fornendo all’interessato la migliore assistenza del caso.
Problemi come questo non riguardano esclusivamente il mio assessorato, ma in generale la politica del Comune, coinvolgendo anche l’aspetto abitativo».
«Sono proprio le istituzioni invece – replica il capogruppo di At Riccardo Laterza, che ha seguito la vicenda fin dall’inizio – a dover affrontare questo tipo di emergenze, che si evidenziano grattando via la patina della città “prima per qualità della vita”, del “boom turistico”.
Storie come quella di Stefano, che rischia di rimanere in mezzo a una strada, sono all’ordine del giorno».
«Non ho mai ricevuto alcuna novità positiva – conclude Possamai – neanche dopo un sollecito che ho inviato sia ai rappresentanti del Comune sia al prefetto Vardè, che aveva assicurato la massima attenzione per casi come il mio».
