Dai tabulati emerge che tra i voti a favore del decreti non ci sono quelli di deputati M5S: 13 risultavano in missione e 15 assenti. I 5 stelle erano comunque presenti comunque al 72,8% (75 deputati su 103). Il gruppo più presente è quello del Pd con l’83%. la Lega era presente al 75%
L'articolo Decreto Aiuti, ok dalla Camera alla fiducia posta dal governo Draghi con 410 voti a favore e 49 contrari proviene da Il Fatto Quotidiano.
Via libera da parte dell’aula della Camera al decreto Aiuti. Montecitorio ha approvato la fiducia, posta dal governo nei giorni scorsi, con 410 voti a favore, 49 contrari e una sola astensione sul decreto Aiuti. L’Assemblea passa ora all’esame degli ordini del giorno al testo: questa fase andrà avanti fino a tarda notte.
Negli ultimi giorni hanno tenuto banco i retroscena sulle possibile scelte dei 5 stelle, ma alla fine, dunque, tutta la maggioranza ha votato compatta. Dai tabulati della Camera emerge che tra i 41o voti a favore del decreto non ci sono quelli di deputati M5S: 13 risultavano in missione e 15 assenti. I 5 stelle erano comunque presenti al 72,8% (75 deputati su 103). Il gruppo più presente è quello del Pd con l’83%. la Lega era presente al 75%.
Dopo l’incontro di ieri con Mario Draghi, era stato Giuseppe Conte ad annunciare in mattinata che pure il M5s avrebbe votato al fiducia al decreto: “Vogliamo collaborare: Voteremo la fiducia alla Camera, al Senato vedremo”, ha detto l’ex premier. Che poi sul provvedimento ha aggiunto: “Per quanto riguarda il voto finale sul testo francamente non abbiamo compreso perché ci sia stata l’ostinazione di inserire una norma del tutto eccentrica che non c’entra nulla con la materia dei sostegni e che riguarda la prospettiva di un inceneritore che è assolutamente obsoleta. È la ragione per cui abbiamo adottato una linea che non può essere quella di condividere il contenuto”.
Dunque, dopo il via libera alla fiducia, è probabile che venga a mancare il sostegno dei 5 stelle al voto finale del provvedimento. E poi bisognerà ora capire cosa succederà al Senato, dove il provvedimento è atteso per la metà di luglio. Ieri Conte aveva detto di volere risposte alle condizioni poste a Draghi “entro la fine del mese”: se entro una decina di giorni non dovesse arrivare qualche segnale da Palazzo Chigi, dunque, il decreto potrebbe rischiare a Palazzo Madama.
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