Nella testa di Andrea Agnelli e dei dirigenti della Juventus doveva rappresentare il guanto di sfida lanciato all'Europa che conta. Più ancora di Cristiano Ronaldo, che a Torino era sbarcato un anno prima ma che rappresentava il fuoriclasse nella fase discendente della carriera che va a caccia di nuovi stimoli. Matthijs De Ligt dell'estate 2019, strappato a suon di milioni di euro alla concorrenza delle big della Champions League, era qualcosa di più: il giovane difensore più in vista, quello tradizionalmente destinato alla Premier League o alle due grandi di Spagna. Il gioiello più prezioso e, quindi, precluso al calcio italiano. Anche alla Juventus.
Non a caso il numero uno juventino, qualche mese prima, aveva parlato da capo di una aspirante grande tra le grandi: "Dobbiamo metterci nelle condizioni di prendere il prossimo Cristiano Ronaldo, ma questa volta di prenderlo a 25 anni" aveva spiegato al Financial Times tratteggiando ragioni e confini, non solo calcistici, del colpo Ronaldo. Ecco perché, quando la Juventus aveva battuto la concorrenza prendendosi De Ligt, capitano dell'Ajax carnefice di Ronaldo e soci nei quarti di finale della massima competizione, per tutti era stato il segnale dell'ultima sfida.
Epa
Pagato 85 milioni di euro, stipendio garantito da 8 più bonus e cioè il più alto della rosa (escluso il solito CR7), De Ligt doveva portare il mondo Juventus nel futuro. Non solo per colpa sua, ma non ci è riuscito. E' capitato nel momento più confuso della storia recente del club bianconero, in tourbillon di dirigenti, allenatori (Sarri, Pirlo e ora Allegri) e strategie di mercato che via via si sono rivelate non funzionali. E' finito nella Juventus della crisi, pandemica e non, sfiorando soltanto quella del tentativo di espandersi per l'ultimo salto di qualità. Ci ha messo, però, anche del suo perché solo a tratti ha ricordato il magnifico e carismatico capitano dell'Ajax.
Ora che ha chiesto, con discreto anticipo rispetto alla scadenza del contratto (2024) di andare altrove, alla Juventus rimane di questa storia solo la possibilità di monetizzare bene lo strappo. Non è poco ed è la conferma che, se compri giocatori giovani e forti anche strapagandoli il mercato ti restituisce come minimo quanto investito. Però è una sconfitta perché l'addio al simbolo della sfida lanciata all'Europa dei ricchi (un anno dopo l'addio a CR7) è anche l'addio al progetto di grandezza che ci stava dietro.
De Ligt ha dato alla Juventus meno di quello che ha ricevuto. Diventerà forse il difensore straordinario che tutti pensano, ma a Torino e in Italia lo ha mostrato solo a tratti. Non può essere solo colpa di chi ne ha faticato a sfruttare le qualità. La Juventus deve uscire dalla sua scommessa e prendere atto che oggi non è diversa dal contesto in cui si trova, quella Serie A che altro non è che una stazione di passaggio per campioni veri o presunti. L'estate del 2019 era il tentativo di staccarsi per alzare gli occhi, quella del 2022 quella della presa di coscienza. In mezzo un triennio in cui nessuno ha fatto cose che resteranno nella storia del club, nemmeno De Ligt.