BELLUNO
Antonio Da Rold, sinonimo di tuttofare. Chiamarlo dirigente è riduttivo, vederlo solo come un collaboratore ancor di più.
Toni Da Rold per il calcio bellunese è una delle tante figure che si spendono dietro le quinte tra logistica, attrezzatura, cura del campo e qualche consiglio ai giocatori.
Insomma, se c’è bisogno di fare qualcosa, tutti cercano Toni.
Una figura fondamentale, recentemente riconosciuta anche dalla Figc veneta che ha consegnato lui la benmerenza regionale per quanto fatto fino ad oggi nel panorama calcistico.
Un premio che Toni ha accettato con l’umiltà che lo contraddistingue e che lo ha sempre contraddinto in tutti questi anni nel calcio provinciale.
«Sono grato ed emozionato per il riconoscimento che mi è stato dato», commenta ancora emozionato, «ma sono dell’idea che ci sono tante persone che lo meritano più di me. Tanta gente che lavora molto e da volontario vero e proprio, mentre a me, anche se faccio tutto super volentieri, qualcosa è sempre stato riconosciuto».
Sono proprio le figure come te ad essere fondamentali per mandare avanti l’intero movimento, non credi?
«Sicuramente servono i volontari e chi si occupa di queste cose come faccio io, ma vorrei porre l’attenzione su un fatto che spesso si da per scontato ma che non lo è. Non ci si ricorda mai delle persone che mettono i soldi nelle società, degli sponsor che fanno andare avanti il tutto. Spesso chi investe nel calcio viene criticato e non ha mai una soddisfazione, dobbiamo ringraziare soprattutto loro che potrebbero tranquillamente spendere i soldi in qualcos’altro».
La tua comunque è una storia che alla base ha la passione per il calcio.
«Sono sempre stato attratto dal pallone ed ho giocato fino a 30 anni nelle categorie minori. Poi nel 90’ l’allora presidente Pierluigi Tommasella mi ha chiesto una mano con i ragazzini e da lì è iniziato il mio cammino da dirigente e collaboratore. Sono passato al Ponte e poi dal ’98 al Belluno. Sono tornato a Longarone dal 2008 al 2012 e poi eccomi qui ora con la Dolomiti Bellunesi. Sono stati anni belli, anche quelli vissuti con il settore giovanile. Cosa faccio? Un po’ di tutto, direi che sono 31 anni che mi diverto visto che nessuno mi obbliga a fare quello che faccio».
Nelle varie esperienze che hai fatto, hai avuto modo di conoscere tante persone. Chi ti è rimasto più impresso?
«Trovo molta difficoltà nel fare dei nomi, ho sempre incontrato delle persone meravigliose. Mi sono sentito sempre ben voluto e coccolato. Ricordo tra gli uomini più significativi per me il presidente della promozione in serie C del Belluno Renzo Savasta, mi ha insegnato tante cose. Ora invece sono molto attratto dalla carica e dall’entusiasmo di Paolo Polzotto e Paolo De Cian. Una carica che mi stimola e mi invoglia a proseguire nel mio lavoro. Tra i calciatori invece non potrò mai dimenticare lo zoccolo duro degli ultimi anni a Belluno con capitan Simone Corbanese in testa, persone squisite dal punto di vista umano e con cui ho passato davvero tanti anni».
In questi anni hai potuto anche assistere a dei cambiamenti nel mondo del calcio.
«Cambiamenti positivi secondo me. Preparatori ed allenatori sono cresciuti molto, ora si lavora di più e lo si fa meglio. Si curano dettagli, fisico e tecnica. C’è un’organizzazione diversa e a mio parere anche più disciplina e professionalità. Non dimentichiamo una qualità dei materiali e dei campi sempre in ascesa. Vedo un futuro sempre migliore calcisticamente parlando, sono ottimista. L’unico neo magari sono ancora alcuni genitori che non hanno capito come ci si comporta».
Ora fai parte di un progetto ambizioso come quello della Dolomiti Bellunesi. Credi in questa fusione?
«Assolutamente sì, soprattutto per come è stato strutturata e per gli investimenti che sono stati fatti. La qualità è sicuramente aumentata e vedo molta voglia di fare. Anche i ragazzi sono sempre presenti e in loro vedo la fame necessaria. Sono molto stimolato anche io da questo ambiente e dalla carica che c’è».
