foto da Quotidiani locali
SAN GIORGIO DI NOGARO. Il mondo dell’imprenditoria di San Giorgio di Nogaro dice addio a Albano Arzenton, pioniere degli allevamenti ittici nella Bassa friulana e in regione. Arzenton, che aveva 79 anni, è mancato nella notte tra venerdì 1 e sabato 2 luglio, all’ospedale di Latisana a causa di una malattia.
Lascia i figli Dimitri e Damiano. Il suo funerale sarà celebrato martedì nel duomo di San Giorgio, alle 15.30, mentre lunedì, alle 18, sarà recitato un rosario.
Arzenton arriva in Friuli a metà degli anni Sessanta da Badia Polesine, in provincia di Rovigo. Figlio di un agricoltore, sembra destinato a proseguire il lavoro nell’azienda agricola di famiglia, ma, per carattere e spirito di indipendenza, come testimonia la famiglia, apre un’attività inedita per quei tempi: l’allevamento di trote, un’attività che appare perfetta per la zona di Porpetto dove l’acqua del fiume Corno e le risorgive sembrano garantire condizioni ottimali.
Il lavoro invece non ingrana e l’imprenditore medita di ritornare in Veneto. È l’incontro con Eugenia Pitton a fargli cambiare idea: i due si innamorano e in breve tempo si sposano, «in un certo senso – racconta il figlio Dimitri – agli occhi di molti sfidano la sorte, visto che si uniscono caratteri, personalità e stili di vita addirittura contrapposti».
Lei è figlia di un noto imprenditore, colta e impegnata in quelle che erano le prime battaglie ambientali (nota quella per la salvaguardia del parco Vucetich, stravolto dal progetto di realizzazione della strada provinciale 80 per la zona industriale). Lui è più estroverso, un po’ “guascone”, appassionato di macchine e dedito al lavoro. «Insieme – continua Dimitri – i miei genitori incominciano una vita felice che sembra agevolare anche il successo professionale.
Papà negli anni riesce a fare decollare e evolvere l’azienda ittica, mia madre diventa affermata e stimata insegnante nelle scuole medie. Purtroppo a soli 53 anni mio padre si ritrova vedovo e nonostante la perdita, per lui decisiva e assoluta, trova la forza di buttarsi ancora di più sul lavoro, che comunque ama, e di dedicarsi alla famiglia».
L’imprenditore prosegue l’attività (oggi portata avanti dai figli) fino a un mese fa quando la malattia lo costringe al ricovero all’ospedale di Latisana, dov’è morto. «È facile parlare bene dei propri genitori, da parte di un figlio – conclude Dimitri –, io posso soltanto dire di avere sempre stimato e ammirato i miei, Albano e Eugenia. E questa la ritengo una fortuna assoluta che da sola testimonia il valore di due belle persone».