ROMA. Dopo un lungo tira e molla tra ministero della Salute, fautore di una linea più rigida, sindacati divisi sul da farsi e datori di lavoro in bilico tra tutelarsi dalle cause per infortunio sul lavoro e semplificare le cose, l’obbligo generalizzato di Ffp2 nei luoghi di lavoro scompare dal nuovo protocollo sulla sicurezza firmato ieri dalle parti sociali e che varrà fino al 31 ottobre. I datori di lavoro dovranno offrire le Ffp2 ai loro dipendenti, ma spetterà al medico aziendale individuare i lavoratori fragili o che lavorano vicini ai quali farla sempre indossare. Le parti sociali chiedono anche che sia prorogato lo smart working semplificato che bypassa gli accordi individuali e quello garantito ai lavoratori fragili. «È un testo equilibrato, che tutela le imprese tenendo conto dei contagi e delle esperienze acquisite», dice il segretario nazionale di Confesercenti, Mauro Bussoni. Che però avrebbe aumentato da uno a due metri la distanza di sicurezza che dovrebbe far indossare la mascherina.
L’obbligo generalizzato di mascherina non c’è più, anche se il nuovo protocollo specifica che per tutto il settore privato le Ffp2 restano «un presidio importante». E per questo il datore di lavoro ne «assicura la disponibilità». Però chi lavora in contesti al chiuso o aperti al pubblico e dove non è possibile mantenere il metro di distanziamento le Ffp2 dovranno ancora essere indossate, «dovendo avere particolare attenzione ai soggetti fragili». A individuare queste categorie di lavoratori sarà il medico competente dell’azienda o il servizio prevenzione della stessa impresa. Le parti sociali nel testo chiedono anche che sia prorogato lo smart working semplificato che bypassa gli accordi individuali, e anche quello garantito ai lavoratori fragili, che scade invece il 31 agosto. All’ingresso dei luoghi di lavoro il personale potrà ancora essere sottoposto al controllo della temperatura, che se superiore a 37,5 non consente l’ingresso. Le stesse regole valgono anche per dipendenti o collaboratori di ditte esterne. Dovranno infine essere favoriti orari scaglionati di ingresso e uscita dai luoghi di lavoro, così come sarà contingentato l’accesso agli spazi comuni, come le mense.
Se nell’ambito dell’impiego privato la mascherina resta di fatto obbligatoria solo per i fragili e tutt’al più per chi lavora al chiuso a gomito con i colleghi o a contatto con il pubblico, negli uffici pubblici è soltanto “raccomandata” dalla circolare emanata dal ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, il 29 aprile scorso. Che però fa riferimento solo alle Ffp2, da usare, sempre secondo la circolare, quando il personale è a contatto con il pubblico senza idonee barriere protettive, in fila a mensa o in altri spazi comuni, in stanza quando la si condivide con una persona fragile, negli ascensori e negli spazi soggetti ad affollamento, durante le riunioni in presenza. Non è invece necessaria quando si è in stanza da soli, in ambienti ampi, come corridoi e scale, quando è possibile mantenere il distanziamento. Riguardo lo smart working per i lavoratori fragili, citando un’altra circolare del 5 gennaio scorso, la Funzione Pubblica ieri ha ricordato che è garantita «la più ampia fruibilità di questa modalità di svolgimento dell’attività lavorativa», anche derogando temporaneamente alla regola del lavoro in presenza per la maggioranza dei travet.
I clienti di bar e ristoranti già da tempo possono farne a meno, mentre camerieri e barman in teoria dovrebbero continuare a indossare le mascherine giacché lavorano a stretto contatto con i clienti e rientrano per questo tra le categorie di lavoratori alle quali il datore di lavoro deve «fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (Ffp2), che dovranno essere indossati», è scritto a chiare lettere nel protocollo. Come dire che le mascherine non sarebbero in questo caso facoltative ma obbligatorie. Solo che nello stesso nuovo accordo si specifica che spetterà ai medici aziendali competenti o ai servizi di prevenzione aziendali individuare i lavoratori più esposti a rischio di contagio che «devono» indossarle. Peccato però che entrambi non esistano in bar e ristoranti, dove alla fine ogni esercente farà come meglio crede. In base all’ordinanza di Speranza del primo aprile scorso, in vigore fino al 31 dicembre, resta comunque la regola del distanziamento di un metro tra un tavolo e l’altro al chiuso. Inoltre «non possono essere continuativamente presenti all’interno del locale più clienti di quanti non siano i posti a sedere». Regole che in pochi rispettano ancora.
Anche qui come nei bar e nei ristoranti commessi e proprietari dei negozi dovrebbero continuare a servire i loro clienti coprendo naso e bocca con le più protettive e filtranti Ffp2. Obbligo che varrebbe anche per barbieri e parrucchieri, per i quali la mascherina d’ordinanza è sempre stata Ffp2. Questo perché si tratta di attività che richiedono in molti casi il contatto diretto con il pubblico. Anche se non sempre. Come il caso di chi lavora dietro il banco di una macelleria, solitamente a debita distanza dal cliente. Oppure la cassiera se protetta da un vetro o una barriera in plexiglas. Solo che anche in questo caso a dover distinguere chi deve indossarla e chi non è obbligato a farlo è il medico aziendale o il responsabile della prevenzione nella stessa azienda, che non albergano di certo nei negozi. In base all’ordinanza di Speranza la regola del metro di distanziamento vale anche per gli esercizi commerciali. Prima di toccare scarpe, vestiti o qualsiasi altra merce vanno igienizzate le mani. In mercati e mercatini all’aperto la mascherina non serve, ma chi li gestisce deve impedire si creino assembramenti. Ricorrendo eventualmente al contingentamento degli ingressi. Anche se all’aperto la distanza di un metro va mantenuta.
In hotel la mascherina non la indossa chi vi alberga e da ora chi ci lavora non a stretto contatto con il pubblico, come gli addetti alle pulizie, i tecnici della manutenzione, cuochi o chi comunque lavora nelle cucine. Chi presta invece servizio alla reception dovrebbe indossarla se non c’è una barriera in vetro o plexiglas e a proteggerlo, così come chi serve al bar o al ristorante dell’hotel. Le stesse disposizioni valgono anche per agriturismi, Bed&Breakfast, ostelli e rifugi. Anche qui, in base all’Ordinanza emanata dal ministro ad aprile e valida fino al 31 dicembre, vale la regola del distanziamento di un metro, che non si applica però ai componenti dello stesso nucleo familiare. In ascensore per i clienti la mascherina non è più obbligatoria ma il metro di distanza si. Per cui se non si è in famiglia o con chi si condivide la camera, salire o scendere con altre persone non dovrebbe essere consentito. I servizi igienici ad uso comune devono essere sanificati almeno due volte al giorno. «Nelle camere con posti letto destinati ad uso promiscuo», recita l’Ordinanza di Speranza attualmente in vigore, deve essere garantita «una distanza tra letti di almeno un metro».