foto da Quotidiani locali
Mancano addirittura 7 minuti e 50 secondi quando si spegne la luce con una tripla, l’ennesima, di Casarin. Ma il black out era cominciato ben prima a Verona, dove l’Apu saluta il sogno di tornare in serie A con una prestazione sconcertante che ha portato a galla tutti i difetti di una squadra che era costruita attorno un gruppo di italiani di esperienza e belle speranze che avrebbe dovuto essere esaltato dalle qualità del duo Usa.
La verità è che per vincere i play-off è meglio avere una squadra capace di difendere ed esaltarsi con le rotazioni. Tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Per questo la promozione gialloblù, dopo 20 anni, è meritata.
Gara quattro è cominciata all’insegna delle novità solo in tema di scelte di starting five, con tre “piccoli” (Cappelletti, Giuri e Lacey) e due “lunghi” (Pellegrino e Walters), forse nel tentativo di non spompare la shooting guard dell’Alabama che nella prima recita veronese aveva pompato troppo palla, finendo con 32 minuti di impiego e la lingua fuori.
C’è qualcosa di immutabile, però, il cosiddetto approccio, termine impalpabile, ma tremendamente – ahinoi – bianconero: 7-0 per la Tezenis dopo due minuti, 18-10 dopo la risposta Old Wild West (7-7 con Giuri). E anche quando cambiano gli attori l’inerzia (a proposito di termini impalpabili) è tutta nelle mani veronesi.
L’encefalogramma bianconero è letteralmente piatto, neppure l’intervallo breve tra il primo e il secondo quarto riesce a rianimare la squadra di Boniciolli che si prende una tripla a un attimo alla sirena (26-14) e riparte facendosi rubare una palla a campo aperto da Candussi, che sarà lungo (210 centimetri), sarà tentacolare, ma che viaggia in contropiede come una vecchia 500 in prima e nonostante la velocità di crociera la difesa Apu rientra al rallentatore.
Time out, ma al ritorno, dopo un timido segnale di risveglio di Walters, arriva una conclusione da oltre l’arco dello stesso Candussi che allarga la forbice ulteriormente (29-16) dopo due minuti del quarto.
Walters intanto è a quota due (falli), la consolazione è che dall’altra parte anche il lungo di Romans abbia lo stesso problema. Coach Ramagli va in rotazione e trova un canestro e libero da Casarin e un’altra tripla da Udom (35-18), tutto liscio come l’olio, verrebbe da dire, visto che Caroti continua lo show di Verona da tre.
Il problema è semplice: anche l’Apu ha che fare con “Olio”, quello con la O maiuscola. Nella tragedia – per carità, sportiva – a tinte bianconere, raramente abbiamo visto una prestazione comica come quella di Brandon Walters.
Ha un corpo da Nba, peccato che non lo sappia usare con continuità: pochi rimbalzi per uno che ha piedi veloci, troppi errori da sotto per uno che dovrebbe metterla nel cesto come un Bryant Dunston una volta su due. Schiacciando.
Niente da fare: a volte non prende neppure il ferro da 15 centimetri. Boniciolli lo toglie finalmente dalla mischia (scelta giusta 1), si prende un fallo tecnico per una protesta epocale per un fallo non fischiato ad Esposito (scelta comprensibilmente giusta 2) e spedisce in campo Ebeling , venendo ripagato subito con una tripla. Il punto è che il divario è enorme ormai si viaggia sul ventello.
La scelta giusta 3 è scontata: il coach spera che Trevor Lacey si riprenda dalla versione “Stanlio” dei primi 20 minuti: 5 punti, 1 su 2 da due, 0 su 1 da tre, 3 su 4 dalla lunetta. Di solito gli americani nella seconda Lega fanno la differenza, soprattutto se hai una squadra che ha pochi punti nelle mani, come ha dimostrato di essere l’Apu con una parte importante del suo pacchetto italiano già prima dell’intervallo: due tra Mussini, Giuri e Antonutti che si sono divisi in totale 20 minuti di impiego.
Se fate conto di quante presenze hanno i tre al piano di sopra, qualcosa non quadra. Così Lacey chiude sbagliando dall’arco e l’Apu si infila con il muso lungo nello spogliatoio (47-29). Non va l’attacco, ma stavolta non funziona neppure la difesa. Lo mettiamo per iscritto: se gli altri fanno 8 su 20 nelle triple (in due quarti) è meglio che qualcosa cambi, o la partita è già persa.
Boniciolli lo sa. Ci prova inserendo un quintetto diametralmente opposto da quello iniziale, senza “big men”. Si affida a Esposito, Ebeling e Antonutti con due guardie: Lacey e Cappelletti. L’esperimento dura poco perché Esposito paga dazio sul cambio sistematico nell’uno contro uno con Candussi. Torna dopo due minuti Walters, nella speranza che non sia nella versione peggiore (sarebbe stato difficile).
Vale la pena tentare come vi avrebbe detto coach Davis, il suo allenatore a Middle Tennessee State che per due anni all’università ha vissuto illudendosi di aver scoperto un prospetto dominante. I lampi ci sono: subisce fallo anti-sportivo da Candussi, segna dal post basso danzando come Carla Fracci, ma nel giro di due azioni l’Apu si dimentica che la missione stabilita nell’intervallo era impedire in tiro da tre: Caroti e Grant, 6 punti per un demoralizzante 59-39.
E la danza della pioggia dall’arco prosegue con Casarin (64-42). Non è un temporale estivo: il figlio d’arte continua anche nell’ultimo quarto, all’alba dell’ultimo quarto. Altre due triple (72-49), poi tanti minuti di garbage time fino al 83-57. Per Udine è il tramonto del sogno. —
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