Generazioni di rosignanesi sono passati dal suo studio in questi anni
ROSIGNANO. Dopo quarant’anni d’attività, di cui trenta trascorsi come medico di famiglia, abbassa in questi giorni la “saracinesca” del proprio ambulatorio, Riccardo Salvadori, rosignanese doc, conosciuto ed apprezzato come professionista, amico di tutti. Generazioni di rosignanesi sono passati dal suo studio in questi anni. Nei paesi in modo particolare il medico di base è rimasto un punto di riferimento per le famiglie e gli anziani. E proprio oggi Riccardo Salvadori festeggia i 70 anni. «Non ho rimpianti e consiglierei ai giovani d’intraprendere questo lavoro – sono sue parole – ma se la tecnologia in parte ha aiutato il medico di base, la burocrazia è stato il nemico peggiore, togliendo tempo ed energie impiegabili per migliorare la qualità dell’assistenza». In tema di pandemia, Salvadori ritiene possibile un aumento dei casi nel periodo turistico e pensa si renderà necessaria una vaccinazione di massa in autunno, dato che la variante Omicron si sta dimostrando particolarmente contagiosa. Per ora comunque i numeri sono abbastanza sotto controllo ma il rischio di un aumento dei contagi, come sappiamo, c’è.
Omicron e l’estate: nella sua esperienza, prevede un aumento dei casi con l’afflusso turistico? Crede nell’efficacia del nuovo vaccino contro questa variante? Ritiene sarà necessario iniziare in autunno una vaccinazione di massa?
«Per quanto riguarda omicron, viste le varianti che via via si manifestano, credo che quasi certamente ci sarà un aumento di casi con l’afflusso turistico e credo che, comunque, occorrerà una nuova vaccinazione di massa in autunno perché la guerra contro il virus non è ancora vinta. Non bisogna allentare la presa».
Come vede la figura del medico di base in futuro? Sarà burocratizzata e sempre più tecnologica? Caratteristiche che incideranno sul rapporto medico – paziente?
«Se la tecnologia in parte ha aiutato il medico di base, la burocrazia è stata il nemico peggiore togliendo tempo ed energie che potevano essere impiegate per migliorare la qualità dell’assistenza ai nostri pazienti. Occorre che i medici di famiglia si riapproprino del loro ruolo, dedicando più tempo ai propri assistiti e soprattutto ascoltando i loro problemi per poterli risolvere insieme secondo naturalmente scienza e coscienza».
Appenderà il fonendoscopio al classico chiodo da domani, con la pensione, o rimarrà in qualche modo legato al mondo sanitario, magari come “insegnante” dei giovani medici di base?
«Credo che ora mi prenderò un periodo di riposo, anche perché recentemente è mancata mia mamma (Graziana Pomi, ndr) ed è stato un grandissimo dolore. Per cui devo ricaricare le pile, dopo un periodo davvero duro. Poi, mi dedicherò ai miei nipoti ed ai miei interessi».
Ha rimpianti dopo 40 anni d’attività?
«Dopo il conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia all’università di Pisa, ho preso la specializzazione in Medicina Nucleare a Firenze, specialità che all’epoca di stava affermando che però non ho potuto esercitare per vari motivi. Quindi ho iniziato con l’attività di guardia medica e, successivamente, il percorso della medicina di base che mi ha dato davvero tanta soddisfazione. Sono stato per un periodo anche medico della squadra di calcio biancoblù. Chi sceglie di fare il medico deve avere una vocazione al sacrificio, è consapevole di essere a disposizione degli altri per curarli e aiutarli. Il sacrificio è la caratteristica di un lavoro bellissimo e gratificante. Pertanto non ci sono rimpianti da parte mia. Un grazie di cuore a tutti i miei pazienti che porterò sempre nel cuore».
Consiglierebbe ad un neo – diplomato d’iscriversi alla facoltà di Medicina e Chirurgia?
«Certo che lo farei purché chi è deciso a intraprendere questo cammino lo faccia con passione, determinazione, disponibilità al sacrificio, capacità di mettersi al servizio degli altri. Mi suscita amarezza ascoltare la notizia che in Italia mancano i medici. Perché significa che manca una figura fondamentale per la sicurezza e anche per la crescita dell’intero Paese».
Il medico di base italiano è diverso nella sua impostazione universitaria e professionale dai colleghi che lavorano in altri Paesi dell’Unione Europea?
«Credo che in Italia possiamo contare sulle scuole di Medicina più prestigiose al mondo.
Il versante operativo sul quale possiamo sempre migliorare e in cui la situazione è ancora deficitaria, è la possibilità di svolgere la pratica più precocemente possibile. Tutto questo evitando che il medico arrivi ad esercitare con un grande bagaglio di nozioni e poca pratica».
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