Da cinque anni si conoscevano e da due lavoravano insieme, giorno e notte. Erano dipendenti della società di Thiene, la Avio Srl, che si occupa del servizio di trasporto in elicottero, sia per turismo sia per affari. Corrado Levorin guidava mentre Igor Caboni, collega ma soprattutto amico e a sua volta pilota, gli faceva da tecnico.
Appreso che il 33enne era disperso, Igor si è precipitato a Pavullo nel Frignano, dove era allestita la base per i soccorsi e dove insieme ai genitori e alla fidanzata di Corrado ha seguito le ricerche fino al momento più tragico: il ritrovamento dei sette corpi senza vita.
Igor, immaginava che sarebbe finita così?
«Noi addetti ai lavori lo sapevamo già. Quando succede una cosa del genere, nel 95% dei casi non hai scampo. Poi speri, è ovvio, finché non arriva la notizia che ti taglia le gambe».
Lei ha seguito tutte le fasi delle ricerche sul posto?
«Sì, fornivo supporto da terra. Ero insieme ai genitori di Corrado e alla sua fidanzata. Non si può neanche immaginare la sofferenza, erano distrutti dal dolore. Corrado era il loro unico figlio».
Lei e Corrado eravate colleghi a Thiene?
«Lavorava come me alla Avio Srl da due anni ormai. Ma non eravamo solo colleghi. Eravamo anche amici, fratelli. Passavamo giornate intere assieme. Recentemente avevamo trasportato in elicottero i direttori di gara durante il Giro d’Italia, poi eravamo stati al Gran premio di Imola. Io gli facevo da tecnico, eravamo una squadra».
Cosa vuol dire che gli faceva da tecnico?
«Non è obbligatorio ma di solito si viaggia con un tecnico elicotterista, una persona che si occupa delle operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri, controlla e dà l’ok prima di ogni decollo e verifica il perimetro durante l’accensione».
E questa volta non c’era?
«No, Corrado era da solo con i sei passeggeri. Doveva solo rientrare da Lucca a Treviso».
Secondo lei questo può aver influito nell’incidente?
«Assolutamente no. È successo qualcosa di improvviso, di imprevedibile, che neppure uno come Corrado, esperto, prudente e meticoloso, ha potuto gestire»
Secondo lei questo può aver influito nell’incidente?
«Le condizioni meteo erano avverse. Corrado, come si fa sempre, quando ha visto la malaparata ha cercato di cambiare rotta, ma è stato investito dal temporale. L’elicottero dev’essere stato colpito da un fulmine».
Perché da un fulmine?
«È l’unica spiegazione al blackout improvviso, al fatto che si siano completamente interrotte le comunicazioni e che Corrado non sia neppure riuscito a lanciare il mayday».
Cosa la turba più di tutto?
«Il fatto che Corrado, nonostante avesse solo 33 anni, fosse davvero un esperto del volo e degli elicotteri. Mi sembra impossibile che una cosa del genere possa essere successa proprio a lui. Fin da bambino aveva il volo nel sangue, conosceva ogni singola vite di un elicottero ed era anche istruttore di volo, cosa per nulla facile da diventare. Sono frastornato, triste, il destino ha portato via una parte di me».l