Villa Minozzo «Mentre scendeva a valle l’escursionista, arrivato di corsa, si è fermato da me e mi ha mostrato le foto scattate con il cellulare: “Guarda, secondo me è l’elicottero scomparso!”. Ha immaginato subito. E aveva ragione». Si deve all’intuizione di un escursionista («un uomo di mezza età, un cliente abituale che viene spesso sui monti») il rinvenimento di quel che è rimasto dell’elicottero. A raccontarlo è Marcello Terzi, titolare del rifugio Segheria all’Abetina Reale.
Passando accanto al torrente, l’escursionista ha notato detriti di metallo e ha pensato bene di scattare alcune foto, esponendo i suoi dubbi nell’unico posto dove poteva chiedere aiuto: il rifugio. «Abbiamo allargato le immagini sul cellulare – riferisce Terzi –. Non si distingueva bene, ma su un pezzo di lamiera c’era la scritta Agusta». Cioè la marca di produzione dell’elicottero A119 Koala Agusta ricercato da tre giorni.
Erano le 9.30, ma l’allerta («abbiamo chiamato il 118, che poi ha girato la segnalazione») non è stata immediata, visti i tempi per raggiungere il luogo. Nel frattempo i presenti hanno voluto assicurarsi che non si trattasse di un abbaglio; è stato coinvolto anche il rifugio situato dall’altra parte del canalone, cioè il Battisti.
«Un operatore del Saer (il Soccorso Alpino Emilia-Romagna, con stazione al monte Cusna), che è un nostro amico, per puro caso si trovava qui da noi quando ha ricevuto la telefonata – ha raccontato Enrico Bronzoni, titolare del rifugio Battisti –. Ci siamo messi d’accordo con quelli della Segheria di incontrarci a metà strada, cioè dopo la sbarra sulla strada forestale che sale da Civago e che sotto al punto della scoperta si biforca portando ai due rifugi. I resti erano vicino al torrente praticamente sotto di noi, a circa due chilometri dalla strada».
Quando i due gruppi sono arrivati sul posto, ha proseguito Bronzoni, «si vedevano rottami e parti di lamiera tra rami spezzati e alberi bruciati». Avuta la certezza che si trattava dell’elicottero, il gruppetto ha preferito non avvicinarsi ed è tornato nelle rispettive direzioni, in attesa dei soccorritori.
I gestori concordano: in quella zona impervia rintracciare le lamiere dell’elicottero dall’alto era un’impresa quasi impossibile. «È stata una sorpresa per noi perché le battute di ricerca erano da tutt’altra parte, sul versante modenese – spiega Terzi – Nonostante gli elicotteri abbiano eseguito parecchi sorvoli, solo qualcuno a piedi poteva scorgere qualcosa tra la boscaglia». «In quella posizione, nella gola del canalone, l’elicottero non era visibile – fa eco Bronzoni – In seguito ho pensato che ieri mattina, poche ore prima, sono sceso a prendere il pane (me n’ero dimenticato) e praticamente ci sono passato di fianco, a venti metri dalla strada; ma con quella vegetazione non mi sono accorto di nulla. Tra l’altro il rifugio Battisti è aperto solo nel fine settimana: giovedì, giorno della tragedia, eravamo chiusi. Non c’era nessuno in queste zone. Questo forse spiega perché nessuno abbia visto il velivolo precipitare».
Erano le 10 quando è giunto l’avamposto della massiccia macchina dei soccorsi. «I primi ad arrivare sono stati i militari del Soccorso Alpino Guardia di Finanza: l’elicottero dell’Aeronautica li ha calati con il verricello nello spiazzo davanti al rifugio, poi io e l’escursionista li abbiamo condotti nel punto esatto», prosegue Terzi. Alle 11 l’area, interdetta al pubblico, era sorvegliata da Sagf, Saer, vigili del fuoco, carabinieri di Castelnovo Monti e una pattuglia di finanzieri a supporto. «Incredibile, mai successo», dicono i gestori.