Nella quotidiana guerra al grasso, il giudizio della gente fa più male della bilancia. Lo stigma sociale, la colpa, il peccato originario di mangiare troppo e di muoversi poco: la narrazione comune vuole che gli obesi siano colpevoli da additare, e non malati di cui prendersi cura. Niente di più sbagliato, perché l’obesità (certamente in parte influenzata da stili di vita scorretti) è anche una malattia cronica, e come tale va affrontata con la giusta competenza e sensibilità e curata con terapie appropriate. Ora come ora, secondo l’analisi annuale di Istat per l’Italian obesity barometer report, solo in Italia qualcosa come 25 milioni di persone sono in sovrappeso od obese: in pratica il 46,1 per cento della popolazione adulta, con particolare diffusione al Sud e nelle isole e una percentuale maggiore per gli uomini (11,8 per cento) rispetto alle donne (9,4 per cento).
È una situazione grave, per le ripercussioni sul sistema sanitario e sull’aspettativa di vita, da affrontare con multidisciplinarietà: «Il fatto di non percepire questo fenomeno come problematica medica» spiega il dottor Luca Busetto, presidente della Società italiana obesità «fa sì che il paziente entri in un circolo vizioso di negazione del problema, arrivando anche a trascurare altre malattie pur di non andare dal medico e di non sentirsi dire - magari per l’ennesima volta - che deve perdere peso. Gli obesi interiorizzano il problema e si sentono davvero colpevoli di essere malati, quando sappiamo bene che non è tutto riconducibile a stili di vita errati e che per curarla non bastano impegno e forza di volontà. Ciò non aiuta i pazienti ad avviare un percorso virtuoso per un maggiore benessere, né la collettività a farsi carico di persone che comunque, prima o poi, proprio a causa del sovrappeso graveranno sul sistema sanitario».
È per questo che la multinazionale farmaceutica danese Novo Nordisk si è fatta promotrice di una campagna di sensibilizzazione dallo slogan «Non nasconderti dietro false convinzioni. La verità sul peso», che ha lo scopo di sostenere chi è affetto da questa malattia e di combattere sia i modelli estetici errati sia l’informazione scorretta, e che conta sul supporto di numerose realtà scientifiche, dall’Associazione medici endocrinologi alla Società di medicina generale, come sull’associazione Amici obesi onlus.
Il messaggio mira a cambiare il punto di vista su un problema non più trascurabile: anche perché l’obesità, in quanto malattia cronica multifattoriale, è spesso associata allo sviluppo di patologie come diabete, malattie cardiovascolari, ipertensione, malattie del fegato e numerose forme di tumore: «È importante chiarire che non basta dire alle persone grasse che devono dimagrire, perché questo loro lo sanno già» prosegue Busetto «bisogna convincere questi malati ad andare dal proprio medico, creare un percorso condiviso e qualificato, e soprattutto smetterla di cercare false soluzioni “magiche”, magari online. Perché la soluzione non è per niente semplice. Il problema obesità, specie se grave, non sparisce mai, come non sparisce il diabete o l’ipertensione. È necessario, invece, lavorare per controllarlo».
Lo specialista al quale gli obesi in genere arrivano, dopo la diagnosi del proprio medico di famiglia, è l’endocrinologo, figura fondamentale per affrontare la problematica in tempo: «Nei fatti siamo la principale porta d’ingresso di un circuito virtuoso che dovrebbe portare alla presa in carico multidisciplinare del paziente con obesità» spiega Andrea Lania, membro del consiglio direttivo e coordinatore dei gruppi di studio della Società italiana di endocrinologia. «Anche perché svolgiamo un duplice ruolo: siamo in grado di identificare una possibile causa organica dell’incremento ponderale, come di gestire le complicanze dell’eccesso di peso, soprattutto quelle associate al maggior accumulo di tessuto adiposo viscerale. Un malfunzionamento della tiroide può causare modifiche del metabolismo basale dei pazienti e, sempre alla tiroide, è associabile un rallentamento dei processi metabolici che rendono complicato il perdere peso».
Occorre poi un lavoro importante sulla percezione distorta del fenomeno obesità: secondo lo studio ACTION-IO, sempre a cura di Novo Nordisk, il 62 per cento delle persone con questo disturbo e persino un quarto di quelle fortemente obese si ritengono solo sovrappeso, e anche i risultati su bambini e adolescenti evidenziano come un genitore su tre non riconosca una tale condizione del figlio e un adolescente su quattro non si rende conto di essere obeso. Soprattutto, i due terzi dei giovani che prendono coscienza del proprio stato non sanno come affrontare la situazione: «L’inconsapevolezza sulla malattia e la mancanza di un supporto medico corretto portano molte persone a raccontarsi una serie di false verità» spiega Iris Zani, presidente dell’associazione Amici obesi onlus. «Lo fanno per sopportare meglio la propria condizione in una società, spesso crudele, che si limita a “condannare” chi è affetto da obesità».
Un’enorme responsabilità riguarda dunque medici, specialisti, e in definitiva tutti noi: quella di annullare lo stigma sociale sul grasso, di reinterpretare modelli estetici dannosi, di affiancare con competenza, corretta informazione ed empatia, le persone in sovrappeso.