Appena si è concluso il festival della musica bella e dei baci, a Milano sono calate le temperature e apparse le nuvole. La tre giorni del MI AMI è finita domenica 29 maggio con il duo napoletano dei Nu Genea che ha salutato il pubblico dal palco principale col celebre brano Je Vulesse, le persone che ballavano appiccicate e nonostante fosse l’una di notte i gradi percepiti erano molti. L’ultimo disco che hanno presentato per la prima volta al festival si intitola Bar Mediterraneo, e per tre giorni la sensazione è stata quella di riscoprire la centralità della musica nostrana – italiana, certo, ma poi sono arrivati anche artisti dalla Francia, come L’Impératrice, e dall’Olanda, gli YĪN YĪN ad ampliare l’immaginario geografico. Forse il MI AMI è la nostra risposta al Coachella, l’Idroscalo milanese come il deserto californiano, il numero di artisti chiamati a suonare allo stesso tempo dislocati in palchi lontani da raggiungere correndo, i glitter appiccicati sulla faccia delle persone che sorridevano inebetite e danzanti tutto il tempo. Potrebbe essere stato anche il nostro Glastonbury, specialmente sabato 28 quando ha iniziato a piovere mentre Alan Sorrenti, dopo vent’anni di pausa, ritornava a cantare la sua Figli delle stelle. I fan non si sono fatti trovare impreparati e si sono armati di stivaletti Hunter e di k- way trasparenti che sembravano omaggiare la famosa scena di Kate Moss e Pete Doherty, belli e innamorati, che si fanno largo sul fango del festival britannico. 

La rappresentante di Lista
La rappresentante di Lista
baci al MI AMI
baci al MI AMI

Fondamentale per il funzionamento del festival è stata la ripartizione dei giorni in generi ben distinti, con il primo caratterizzato da artisti che hanno provato a reinterpretare la canzone italiana per come la conosciamo. Alcuni l’hanno fatto rimescolandola nell’hyperpop, genere che è scoppiato durante la pandemia che ora finalmente ci è possibile ascoltare live e non solo chiusi nella cameretta. Venerdì 27 maggio lo hanno portato gli Hello Mimmi e i 20025XS, in un cortocircuito di suoni e glitch che generavano fantasie e allucinazioni. Poi Venerus, Giorgio Poi e Mobrici che sul palco si sono dimostrati ancora completamente in contatto con le prime dolci sonorità dell’indie pop, e il pubblico, che li accompagnava per filo e per segno nei testi, ancora pare custodire un ricordo romantico del genere, non ancora sorpassato. Tra l’ultimo dissacrante album di Giorgio Quarzo Guarascio in arte Tutti Fenomeni e i Pop_X, il venerdì sera è finito come finiscono le feste migliori, in cui nessuno vuole andare a casa ed è ancora assalito da brividi di eccitazione. 

Il sabato era dedicato alla rinascita, oltre a quella metaforica dalla pandemia, anche quella letterale nel senso che ha sancito tra tutti il ritorno di Alan Sorrenti nella scena musicale, sotto una spiritualissima pioggia. Anche Meg mancava da 7 anni, e quando è salita sul palco ha fatto ballare tutti muovendosi tra la voce lirica e i ritmi di sottofondo prettamente dance. Infine, di riunioni, come quella della Love Gang che ha raggiunto Ketama 126 sul palco a tarda notte, ma come se non fosse passato così tanto tempo dopo tutto. 

Meg
Meg
L’Impératrice
L’Impératrice
I Nu Genea
I Nu Genea
IRENE TRANCOSSI

I Nu Genea sono stati gli ospiti onorari della domenica e hanno curato anche la line-up del palco principale, dove hanno invitato a suonare i primi artisti internazionali della storia del festival, l’ensemble disco pop parigino L’Impératrice e la formazione psichedelica olandese YĪN YĪN, che hanno fatto ondeggiare il pubblico per tutto il tempo. In contemporanea al duo napoletano nel  palco della collinetta anche Iosonouncane si esibiva in una performance sperimentale accompagnato da un’orchestra spettacolare. 

Mace e Gemitaiz
Mace e Gemitaiz
Venerus
Venerus

Musica a parte, in realtà il MI AMI è stato anche un bel banco di prova per testare gli spazi e intersecarli con quelli degli altri. Sicuramente ha sancito il ritorno del festival come momento di rito collettivo, in cui darsi appuntamento, danzare con gli sconosciuti, pestarsi i piedi, far cadere il cocktail che ha in mano la persona in fila dietro di te. Che forse sono i motivi per cui ci ostiniamo ogni anno a muoverci, su e giù per la penisola, alla ricerca del festival perfetto, che ci faccia compagnia per qualche giorno, perché un concerto solo durerebbe troppo poco e mai come adesso vogliamo qualcuno con cui stare, danzare, cantare. Così poi si prosegue, diritti verso l’estate, dal fango dell’Idroscalo ci si sposta sulla spiaggia (a inizio giugno all’Hana Bi a Marina di Ravenna), poi nel mezzo di un labirinto parmigiano (al Lost Music Festival a fine giugno) tra i trulli del Viva Festival ad agosto. Ben ritornate aggregazioni, ben ritornati festival italiani.