UDINE. Tornare con il pensiero a quel terribile 7 maggio, giorno in cui ha trovato sua madre senza vita e con ferite in tutto il corpo, per Manuel Mason, 42 anni, è molto difficile. Ma la sua mamma, Lauretta Toffoli, 74 anni, «la persona che ama di più al mondo», la vuole ricordare.
E, pensando a chi gliel’ha portata via per sempre, e in quel modo, colpendola con 33 coltellate, dice: «Non lo perdono, soprattutto per come si è accanito su una donna che era buona, dolce e che, ogni volta che poteva, dava una mano a tutti».
Giovedì 26 maggio lo abbiamo incontrato in centro a Udine e, assistito da un familiare e dal suo legale, ha parlato di quel sabato in cui, come al solito, avrebbe solo voluto pranzare con la madre.
Signor Mason, cosa è successo quando è arrivato nell’appartamento di via della Valle?
«Sono entrato e ho subito capito che era successo qualcosa perché di norma la casa è perfettamente pulita e ordinata. Mia mamma la teneva come un gioiellino. Invece era tutto buttato per aria, i cassetti aperti, tante cose a terra, sul vetro della porta della cucina c’era una grossa macchia di sangue e qualcuno aveva tirato fuori tutti i detersivi».
Cosa ha pensato inizialmente?
«Che ci fossero stati ladri. E, non vedendo la mamma né in cucina, né in soggiorno, ho ipotizzato che fosse uscita per andare a fare la denuncia dai carabinieri. Poi, invece, quando sono andato in camera ho visto un grande cumulo di cose – soprattutto vestiti e coperte che erano stati tirati fuori dall’armadio –, dal quale usciva un piede. Là sotto c’era mia mamma, ferita e insanguinata. Io ero disperato, non sapevo cosa fare, ho chiamato il numero d’emergenza 112 e mio padre e ho chiesto loro aiuto, ma purtroppo per lei non c’era più niente da fare. Era morta da ore, dalla notte precedente».
Alcuni vicini hanno dichiarato di aver sentito gridare aiuto di notte, ma nessuno ha chiamato il 112. Secondo lei perché?
«Non so dare una spiegazione a questo ed è una cosa che mi turba. Io, se avessi sentito qualcuno gridare “Aiuto, mi ammazzano”, avrei di sicuro chiamato. Chissà, forse con quelle ferite non ci sarebbe stato nulla da fare. O magari sì, chi lo sa».
C’è un sospettato, un vicino di casa che ora è in carcere. In che rapporti era con sua madre?
«Lei lo temeva e, per questo, qualche volta gli apriva e gli aveva anche prestato piccole somme di denaro, per circa duecento euro. Ho letto che lui aveva le chiavi di casa di mia madre, ma sono sicuro che lei non gliele avrebbe mai date. Non le ha nemmeno mio padre che, pur separato, le è sempre stato vicino. Se le avesse date a qualcuno, me lo avrebbe detto».
E la storia dei televisori?
«Non è vero che lei glieli aveva venduti tempo prima perché mia madre stava guardando la tv anche venerdì sera, 6 maggio, quando l’ho chiamata per mettermi d’accordo per la visita del giorno dopo. Tanto che lei stessa a un certo punto mi ha detto “Dai, lasciami guardare la mia serie preferita adesso, tanto ci vediamo domani”. In casa c’erano due televisori. Uno da 55 pollici in soggiorno e uno da 32 in camera».
Pensa di tornare a vivere in quell’appartamento?
«Assolutamente sì, perché devo portare avanti il ricordo di mia madre che ha lottato tanto per quella casa e io non la abbandonerò. Devo rimetterla come era prima, come la teneva lei, appunto come un gioiellino».
Come vorrebbe che fosse ricordata sua madre?
«Mia madre Lauretta era una persona fantastica, la più importante per me, il mio punto di riferimento. È difficile sapere che non c’è più. Adesso era in pensione, ma ha sempre lavorato duramente, faceva le pulizie, e ha lottato per tutto nella vita. Mai nessuno le ha regalato nulla. Nonostante ciò, lei era semplice, gentile, onesta e generosa con tutti. Vedeva il buono anche dove c’era il cattivo».
