SAN FELICE. È terminato a Finale, con un arresto per resistenza a pubblico ufficiale, l’inseguimento ad una Fiat 500 iniziato a San Prospero nella notte di domenica. Alla guida c’era un ragazzo con due giovani: erano di ritorno da una serata in cui lui – hanno sostenuto le passeggere – aveva bevuto parecchio. E quando ha incrociato i carabinieri di San Prospero si è dato alla fuga, bruciando l’alt di quelli di San Felice e arrivando fino a Finale, dove vive, per poi abbandonare la sua vettura in via Dell’Arsenale, a qualche metro dalla sua abitazione. Il tutto con la pattuglia alle calcagna, “bucando” i semafori rossi e imboccando le rotatorie contromano. Un pericolo per sé, per le ragazze e per il resto degli automobilisti che lo hanno incrociato.
I motivi della fuga proseguita per oltre 30 chilometri? Non aveva la patente e aveva bevuto. Giustificazioni avanzate anche davanti al giudice, dottoressa Chiara Mutti, in sede di processo per direttissima. Ma in tribunale è emerso un epilogo che ha fatto particolarmente discutere anche in aula. Dopo essere uscito dalla sua auto si è dato alla fuga a piedi prima di essere raggiunto da un carabiniere che lo ha ammanettato e caricato sulla pattuglia. Pochi istanti dopo, però, il militare è dovuto andare in soccorso di una delle due ragazze che per lo spavento ha perso i sensi e su di lei si sono concentrate le attenzioni degli operatori. Fino almeno a quando si è sentito un violento colpo in auto: il giovane si è mostrato con il naso sanguinante dopo essersi – dicono i carabinieri – provocato la frattura contro il bracciolo. Il giovane è stato accompagnato in ospedale a Mirandola dove è stato medicato e ha messaggiato con il suo avvocato difensore, sostenendo di essere stato picchiato. Quella chat è stata mostrata in udienza, ma la dottoressa Mutti non ha creduto alla versione, forte anche della testimonianza delle due ragazze. Erano molto spaventate per quanto avvenuto e hanno raccontato che mentre l’amico si provocava la ferita al naso i carabinieri erano insieme a loro per soccorrerle. L’arresto è stato convalidato e l’indagato liberato: dovrà firmare tre giorni a settimana in caserma a Finale ma potrà tornare al lavoro.
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