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Molestie all’adunata degli alpini a Rimini: ecco cosa sappiamo

UDINE. A sollevare il coperchio su quello che in poche ore è diventato un caso nazionale, già nella serata di venerdì 6 maggio, erano state alcune righe che l’associazione “Non una di meno Rimini” (onlus che unisce non solo attiviste femministe, ma anche e soprattutto migliaia di persone che dicono “basta” alle varie forme di violenza maschile contro le donne) aveva affidato al suo profilo Instagram, accompagnata dal lancio, sempre sui canali social, di una sorta di raccolta di testimonianze. «Siamo alla seconda giornata dell’Adunata nazionale degli Alpini, accolti come il miglior ospite che Rimini potesse aspettarsi riporta il post - e sono già numerosissime le segnalazioni di molestie e catcalling (molestia sessuale, prevalentemente verbale, che avviene in strada, ndr) da parte di Alpini, per lo più ubriachi, ai danni di donne di ogni età. Ancor più pesanti quelle subite sul luogo di lavoro da chi non può rispondere a tono o sottrarsi a questa violenza».

Lunedì 9 maggio, il giorno dopo la chiusura dell’Adunata culminata con il rituale “passaggio della Stecca” (il passaggio di consegne della responsabilità di organizzare l'adunata nazionale 2023 delle penne nere che Rimini ha affidato a Udine, dove manca dal 1996) , era arrivata, obbligatoria, la presa di posizione dell’Associazione nazionale Alpini che «prende le distanze, stigmatizzandoli, dai comportamenti incivili segnalati, che certo non appartengono a tradizioni e valori che da sempre custodisce e porta avanti l’Ana», sottolineando comunque che si trattava di «segnalazioni sui social e non di denunce alle forze dell’ordine. Per di più, chiunque può comperare un cappello da alpino su una bancarella, per quanto non originale, e utilizzarlo per sfruttare malamente il clima di festa scambiando l’Adunata per una sorta di Oktoberfest».

++ Associazione Alpini, pronti provvedimenti in caso denunce ++

Un bicchiere d’acqua gettato su un incendio già partito, visto che nel volgere delle successive 24 ore si arriverà a oltre un centinaio di segnalazioni di molestie sui vari canali social, raccolte ancora da “Non una di meno”. Troppe per non trasformare l’accaduto in un caso nazionale. «Comportamenti gravissimi ed episodi che certamente andranno accertati dagli organi competenti, ma che non possono e non devono essere sottovalutati», ha ammonito, martedì 10 maggio, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

CENTINAIA DI CASI

Ma capire cosa sia effettivamente successo nella tre giorni che ha richiamato sulla Riviera romagnola qualcosa come 400 mila persone resta complicato. Proprio perché non c’erano solo gli alpini a far festa: come detto, a nascondersi sotto o dietro una penna nera poteva esserci chiunque.

Non che questo, ovviamente, faccia differenza o garantisca una forma di assoluzione per qualcuno. Qualcuno evidentemente deviato dai tradizionali fiumi di alcol che scorrono alle Adunate e sentitosi in dovere di smettere di essere un uomo per mettere nel mirino soprattutto le tante giovani e giovanissime bariste e cameriere impiegate nei bar e ristoranti di una Riviera romagnola presa letteralmente d’assalto.

Eloquenti, però, si sono rivelate le testimonianze che cominciavano a inondare i social network. «Quello che ho subito dagli alpini è svilente per ogni donna. Un alpino ha provato a leccarmi sulla bocca mentre prendevo un ordine al tavolo. Uno mimava un atto sessuale mentre mi giravo per sparecchiare», riferiva una barista», e ancora «mentre andavo in bici mi hanno fermata cercando di farmi entrare in un capannone, sono dovuta scappare». E via dicendo: «Faccio la cameriera, è stato surreale il livello di molestie che ho dovuto sopportare. Gente che allunga le mani, cerca di darti baci sulla guancia dopo averti tolto di forza la mascherina, continui apprezzamenti che passano dal “sei bella” a chiederti che intimo indossi e se lo indossi» oppure «durante il mio turno come barista un alpino ha cercato di baciarmi in bocca e un altro mi ha attirata a sé in modo che potessi cadere sulle sue ginocchia».

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Ma c’è anche anche chi non ha voluto puntare il dito sugli alpini: «Episodi inaccettabili, ma queste cose avvengono tutti i giorni non solo in occasioni come queste ma è anche scontato che accadano se si mettono insieme tanti uomini in un simile contesto». A queste si era aggiunta un’altra, pesante, denuncia dell’associazione “Non una di meno”, seconda la quale sarebbero stati distribuiti biglietti da visita sui quali c’era scritto «Se ti senti sola ed annoiata chiama un Alpino dell’Adunata».

LA CONDANNA DELL’ANA

Condanna ferma sui fatti accaduti da parte dell’Associazione nazionale Alpini, che però non ci sta a veder infangato quello che è sempre stato un simbolo «di amore, rispetto e solidarietà verso il prossimo».

La presa di posizione ufficiale dell’Ana, che attraverso le parole di Sebastiano Favero (presidente ormai da quasi dieci anni degli Alpini) non esita a definirsi «addolorata per tutto il clamore suscitato da queste segnalazioni che finiscono per inficiare quello che è il vero significato dell'adunata degli alpini», rivolge l’attenzione anche a un contesto che non può essere imputato solo alle penne nere. «Quando si concentrano in una sola località centinaia di migliaia di persone per festeggiare è quasi fisiologico, senza per questo giustificarli, che possano verificarsi episodi di maleducazione, che però non possono certo inficiare il valore dei messaggi di pace, fratellanza, solidarietà e amore per la Patria che sono veicolati da oltre un secolo proprio dall’Adunata: messaggi che sono emersi in tutta la loro essenza sugli striscioni portati in sfilata domenica 8 maggio, con oltre 75 mila penne nere provenienti da tutto il mondo».

L’Ana ha inoltre precisato che «ci sono centinaia, migliaia di giovani che pur non essendo alpini approfittano della situazione: a costoro, per mescolarsi alla grande festa, basta comperare un cappello alpino, per quanto non originale, reperibile in una delle tante bancarelle. Un occhio esperto riconosce subito un cappello “taroccato”, ma la tendenza è nella maggior parte dei casi a generalizzare. La grandissima maggioranza dei soci dell’Ana, poi, a causa della sospensione della leva nel 2004, oggi ha almeno 38 anni: quindi persone molto più giovani difficilmente sono autentici alpini».

L’Associazione nazionale Alpini, «per quello che le penne nere sono e rappresentano, ritiene quindi ingeneroso e ingiustificato veicolare un messaggio che associa la figura dell’alpino a quegli episodi di maleducazione. Gli alpini in congedo sono quelli che hanno scritto e continuano a scrivere pagine intense di sacrificio, amore e solidarietà, come testimoniano ad esempio i 5,4 milioni di ore di lavoro volontario presentate in un anno durante l’emergenza Covid, e che si impegnano a trasmettere i loro valori ai giovani».

PRESENTATA LA PRIMA DENUNCIA

Sarebbe stata presa per un braccio, strattonata e insultata con sconcezze irriferibili da almeno tre alpini, sabato pomeriggio, in mezzo alla folla. In qualche modo lei sarebbe riuscita a divincolarsi e a scappare.

Questa la testimonianza che ha accompagnato la prima denuncia (verso ignoti) formalizzata nel pomeriggio di martedì 10 maggio da una ragazza di 26 anni, che si è recata alla caserma dei carabinieri di Rimini, accompagnata da un’amica e dal suo legale.

Ha messo nero su bianco il racconto delle ripetute molestie subìte da un gruppo di partecipanti al raduno nazionale degli alpini. Un racconto minuzioso, con data e luogo delle pesanti avances e descrizione dei protagonisti, che potrebbero essere identificati grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza della città. Una denuncia, la prima e al momento anche l’unica a fronte di centinaia d testimonianze sul web e sui social, che apre la strada all’inchiesta della Procura di Rimini per l’accertamento delle eventuali responsabilità che anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha sollecitato condanna con fermezza quanto accaduto. Nella stessa giornata le attiviste e i legali di «Casa Madiba» e «Non Una di Meno-Rimini» hanno raccolto le segnalazioni, annunciando di aver pronto un dossier da portare in Questura.

POLEMICHE SU MAURO CORONA

Non sono passate inosservate, finendo per diventare inevitabile oggetto di polemica, le dichiarazioni sull’accaduto di Mauro Corona.

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Ospite del programma televisivo “Carta Bianca” condotto da Bianca Berlinguer, lo scrittore, alpinista e scultore è intervenuto sostenendo che «insomma le violenze ci sono state. Chiamiamole violenze. Io penso a una cosa un po’ montata. Forse è da condannare qualche giovinastro con il cappello degli alpini che si comprano nelle bancarelle. Gli alpini, quelli che conosco io, non hanno neanche la stupidità di fare quei gesti lì».

IL CASO FINISCE IN PARLAMENTO

«Decine di donne stanno denunciando casi di molestie, con accuse circostanziate, da parte di alcuni Alpini in occasione dell'adunata di Rimini. Credo sia necessario fare chiarezza, non minimizzare l'accaduto come pare abbiano cercato di fare gli organizzatori, né tantomeno far cadere queste accuse nel vuoto. Presenterò per questo motivo un'interrogazione ai ministri dell'Interno e della Difesa, Luciana Lamorgese e Lorenzo Guerini».

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Lo ha affermato il deputato e presidente di +Europa, Riccardo Magi. «Di fronte a queste denunce non si può avere un atteggiamento omertoso: si sta indagando? Si stanno verificando le immagini delle telecamere disposte nella città di Rimini e nei luoghi dove sarebbero avvenuti questi fatti? È stata avviata una indagine interna al corpo degli Alpini? Si sta lavorando per individuare gli eventuali autori di queste molestie? Credo sia doveroso fare chiarezza, per le donne che con coraggio stanno denunciando questi fatti ma anche - conclude Magi - per il buon nome dell'Esercito italiano e degli Alpini».

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