Per l'uscita dello Stato dal capitale di Mps e Popolare di Bari, salvate con la maggioranza passata al Tesoro e a Mediocredito centrale, serviranno "tempi sostenibili". Gli stessi oggetto della proroga - la scadenza era dicembre 2021 - che il Governo sta negoziando con la Commissione europea per poter cedere Mps a condizioni congrue, dopo che è saltata la trattativa con Unicredit.
Servirà tempo, insomma, per la "ri-privatizzazione", tema di un'audizione del ministro dell'Economia Daniele Franco alla Commissione d'inchiesta sulle banche dove gran parte dei parlamentari premeva, piuttosto, nell'altra direzione, con una pioggia di domande sulla fattibilità di una "banca del Mezzogiorno" pubblica con al centro il polo aggregante della Popolare di Bari. L'istituto pugliese ha chiuso il 2021 con una perdita di 170 milioni di euro a causa dele rettifiche di valore e i costi "una tantum" per incentivare le uscite del personale, zavorrando anche i conti della controllante Mcc.
L'orientamento del Governo è di muoversi in linea con la normativa Ue: operazioni di mercato, ferme restando le deroghe concesse sugli aiuti di Stato. E a spingere nella direzione della proroga è la doppia crisi pandemia-guerra, anche se le condizioni non proprio floride dei mercati non frenano il nuovo aumento di capitale - si parla di almeno 2,5 miliardi di euro - del Montepaschi: "Va realizzato entro il 2022" e solo allora, al Mef, si ragionerà sulla cessione, a prezzi che tengano conto del riequilibrio patrimoniale.
Non sembra - nonostante il risanamento e le cessioni di "non perfoming loans" abbiano portato al 4% il coefficiente dei crediti deteriorati - il clima per una svolta imminente che vedrebbe un acquirente pronto a farsi avanti alle condizioni che hanno in mente a Via XX Settembre.
Di un interesse francese, dopo le voci che si erano rincorse su Credit Agricole (che ha di recente acquisito a sorpresa una quota in Banco Bpm), "non ne ho notizia", dice Franco: "Qualora ci fossero banche straniere interessate, è una loro decisione" e "ogni operazione va vista caso per caso senza preclusioni". Ribadendo - fra le domande su un'ipotesi di aggregazioni nel segno della "italianità" che chiamano in causa Bpm e Bper - che "non abbiamo intenzione di svendere Mps" e che il Mef ci tiene a difendere marchio, occupati, territorio".
"Nulla osta" del Mef anche all'ipotesi di una cessione degli sportelli al Meridione da parte di Mps al gruppo Mcc-Bari, "dovranno valutare loro". Per il Monte il Mef cerca una proroga europea e negozia misure compensative (dovute al mancato raggiungimento del piano che era stato concordato) "realistiche e tali da non compromettere il piano industriale della banca", per la Bari "non vi è scadenza, c'è un percorso di ritorno a condizioni di redditività, chiuso il quale ove vi fossero offerte di acquisto anche queste andranno valutate, al momento non mi sembra esserci questa ipotesi di acquisto. Non mi aspetto eventi in tempi brevi".
Per tornare, se non appetibile, almeno a camminare sulle proprie gambe, la banca pugliese deve innanzittutto agire sul lato del taglio dei costi e aumentare gli impieghi focalizzandosi su famiglie e pmi. Il management è impegnato sul primo fronte (razionalizzando ad esempio la componente immobiliare) e anche sui finanziamenti anche se certo il contesto di incertezza economica non aiuta. Il ministro ha comunque frenato le aspettative su un maxi risarcimento della Ue sul caso Tercas (da molti considerato come una delle cause della frana della Bari). "Sembra difficile ottenere un risarcimento".