Cosa ci fa un'osteria romana, di quelle autentiche che ti aspetteresti di prenotare a Trastevere o sui Colli romani, a Casteggio? I colli ci sono sempre, ma i sapori diventano una piccola sorpresa, in uno scenario di ravioli di brasato, risotti e salumi. Carlo Pelizzardi, è l'oste coraggioso.
Diplomato alla scuola Gambero Rosso, ha lavorato da Primo al Pigneto di Roma prima di aprire con un socio (che di professione fa l'architetto) il ristorante che ha sempre sognato: un'osteria conviviale, dove il cliente si sente a casa, si ferma a chiacchierare dopo cena, e mangia bene. Carlo, cresciuto tra i fornelli con la passione per la cucina e per il buon vino, ha azzardato, e sta raccogliendo i frutti di un'idea lungimirante: perché fare quello che fanno tutti sul territorio, partendo svantaggiato? Meglio mantenere la propria identità.
«Ero più credibile nel raccontare, e cucinare come si deve, una cacio e pepe o una carbonara, rispetto al fare ravioli e risotti, come ultimo arrivato in zona - spiega- Così, ho voluto rischiare e identificarmi con la mia nicchia. Fra Pellizza è un angolo di Roma tra le colline dell'Oltrepo».
L'aggettivo conviviale, poi, non è buttato lì a caso: «L'idea è accogliere sempre i clienti con il sorriso. Anche per quanto riguarda gli orari, nessuna rigidità: se vieni alle 23 e mi chiedi il menù, io te lo porto. Non mi si chieda: si può ancora mangiare qualcosa? Si può sempre mangiare tutto quello che c'è in carta, anche a tarda sera». I capisaldi della cucina romana ci sono tutti: cacio e pepi (si usano sette pepi diversi non uno solo); amatriciana (qui si commenta con «È da Patrimonio Unesco»), carbonara, hricia, nella versione antica, ancestrale, il piatto povero dei pastori; trippa alla romana, coda alla vaccinara, animelle, saltimbocca.
Non mancano anche i piatti stagionali come il flan di fave, menta e pecorino, e la Vignarola un contorno primaverile con fave, piselli, gli ultimi carciofi, lattuga, spadellato con il guanciale. Spuntano anche variazioni extra regionali, come la Genovese della tradizione partenopea, o la calamarata zola e gambero.
«Sui primi piatti è maggiormente ancorato al poker d'assi romano, ma sui secondi si varia spesso e mi diverto con lunghe cotture e qualche stravaganza in più». L'omaggio all'Oltrepo si palesa ovviamente in cantina: 130 etichette solo del territorio, su un totale di 180 referenze. «Si sposano bene con la cucina romana. I miei abbinamenti preferiti sono l'amatriciana con bonarda che ci sta come il cacio sui maccheroni, per dirla alla romana, o la crocchetta di baccalà impanata e una bollicina Metodo classico».eleonora lanzetti