Ogni viaggio è un simbolo, una iniziazione. Soprattutto quando i Paesi che visiti non sono dispensatori di cartoline, foto e vagheggiamenti amorosi. Ma sono in guerra. Figuriamoci un doppio viaggio in Ucraina, oggi. Mettiamoli allora l’uno accanto all’altro questi due viaggi così opposti e così pericolosi: non per i viaggiatori in sé ma per gli ucraini e per noi che seguiamo con il fiato sospeso la zuffa tra colossi nell’Europa centrale, uno di fonte all’altro, e tentiamo da poveri europei di non pagarne il conto.
Che cosa abbiano portato con sé nello zaino il segretario di stato americano Blinken e il capo del Pentagono Austin a Kiev appare esplicito: oltre altre tonnellate di armamenti destinati all’ex debolissimo esercito ucraino una confessione di intenti che sarebbe stupefacente se non fosse perfettamente in linea con la drastica linea che Washington ha imboccato in questa tragedia senza mai allontanarsene neppure di un millimetro, come se viaggiasse su una autostrada senza uscite. Si annuncia che lo scopo di guerra americano è «far vincere la guerra agli ucraini fornendo loro la attrezzatura giusta» e far sì che la Russia sia così «indebolita» da non poter più lanciare nuove guerre. Insomma percorriamo terre pericolose, oltre i B-52, i droni, i caccia invisibili.
Siamo a un punto di svolta. Si ammette per la prima volta che la libertà ucraina è in fondo solo una cosa fittizia di cui gli americani si servono per attuare la loro politica. Ovvero l’annientamento della potenza militare russa. Non è tutto ciò estremamente pericoloso?
Per un utile ripasso su un antecedente legato a analoghi estremistici scopi di guerra si passi alla lettura delle clausole del trattato imposto ai volenterosi tedeschi nel 1919 che si illudevano di aver intenerito Wilson e soci passando, con autonoma rivoluzione, dal Kaiser alla repubblica di Weimar. Niente affatto: da punire era sempre l’odiatissimo Guglielmone, la Germania militarista e autoritaria dura e crudele in guerra: quindi esercito al massimo di centomila uomini senza carri armati, aeroplani e sottomarini; per la marina solo quindicimila uomini con il divieto di costruire navi di grande tonnellaggio. In pratica non si poteva andare al di là dei guardacoste. Gli stati maggiori francese e britannico pensavano di aver tagliato le unghie al testardo aggressore. Venti anni dopo scoprirono che era servito solo a rendere quell’esercito più distruttivo, moderno e feroce. Qual è il contenuto numerico di questo così risolutivo “indebolimento” russo: quanti carri, missili, atomiche? Quante fabbriche di armi saranno concesse o laboratori di ricerca? E quanto tempo ci vorrà se mai sarà possibile, per ottenere una resa simile?
Ancora domande: non offre questo alla propaganda di Putin la prova che sta lottando contro il progetto di spezzare la Russia.
Lo stesso viaggio dei due inviati americani era zeppo in sé di significati. Che non è il pellegrinaggio da selfie di attori secondari come gli europei o del pittoresco britannico Jonhson. Tutti visitatori privi di forze reali e quindi innocui anche per le simbologie sospettose e rancorose del Cremlino. L’America tiene in piedi militarmente l’Ucraina.
Dopo tutto quel proclamare di una strategia intesa a far guadagnar tempo agli ucraini, ad avvalersi di resistenze e rovesci dell’aggressore, a realizzare per interposte sanzioni, rifuggendo da posizioni troppo nette e risolute che possono compromettere e legare, siamo alla dichiarazione di guerra totale.
Kissinger, personaggio su cui non vi è concorde opinione, è indubitabile fosse maestro senza troppi scrupoli nella ricerca del risultato diplomatico, per lui nessun diavolo era così diavolo che non si potesse sorseggiare insieme una tazza di the. Andò a Saigon solo dopo aver raggiunto con i nord vietnamiti a Parigi un accordo. In veste diplomatica per illustrare agli alleati non presenti al negoziato i risultati raggiunti, amarissimi per loro viste le successive conseguenze. Attenzione a non scoprire, dopo esser stati mossi da giuste ragioni di difendere il debole, che l’interventismo americano ci ha pervertiti.
Rimpicciolire la potenza militare russa, un militarismo aggressivo considerato come parte del carattere nazionale e senza possibilità di rimorso, richiede una guerra assoluta che solo gli americani possono sostenere e portare a termine. Con tutte le armi a disposizione. Una dichiarazione di guerra più totale e punitiva la si ritrova solo nel piano Morghentau, il progetto di rendere pacifica la Germania trasformandone l’economia in produttrice di ortaggi e verdure, progetto che proprio la paura dei russi fece cadere nel nulla.
Ora occupiamoci di un viaggiatore che nel luogo, tenebroso avernico della guerra arriverà nelle prossime ore. Si parla della missione del segretario generale delle nazioni unite Guterres nelle due capitali in lotta.
Raramente credo una istituzione, in crisi ma legata al novecentesco progetto encomiabile di un luogo in cui discutere la pace, abbia subito un simile calvario di insulti, umiliazioni, sberleffi come ora. Anche se la colpa ricade sulle spalle dello stesso segretario generale che ha impiegato due mesi zeppi di guerra per tentare quello che avrebbe dovuto decidere dopo due ore, c’è l’obbligo di sostenerlo a viso aperto. Osserveremo i passi di questo viaggiatore, questa ombra, questo sussurro umano, questo fantasma vestito da uomo. Il modo in cui lo tratta in anticipo la vittima ucraina, per scoprire cosa inventerà l’aggressore russo, ci costringono a giudicare le offese a cui è sottoposto offese fatte anche a noi.
A vibrare le frustate più violente è proprio Zelensky che nei buoni uffici dell’Onu dovrebbe riporre speranze per accorciare o fermare la tragedia del suo popolo. Invece lo zar ucraino che punta le sue carte sulla guerra a tutti i costi, si indispettisce perché Guterres va anche a Mosca (e come potrebbe non farlo?) e riscrive la carta delle nazioni Unite: abolito ogni ruolo o diritto di occuparsi di mediazione nei conflitti; solo fornire aiuti umanitari. Nella versione ucraina le nazioni unite sono soltanto una grande “ong” planetaria che deve distribuire bende e sacchi di farina. A risolvere le guerre ci penserà la guerra. Forse è un suggerimento dei due visitatori americani.