Bellissimo il titolo: Storia della notte e destino delle comete. Ambizioso il progetto: raccontare la nostra storia attraverso un viaggio in cui perdita e possibile riconquista seguono un percorso del tutto simile a una pièce teatrale in due atti e un prologo. Autore di questo tour sensoriale ed emotivo è Gian Maria Tosatti, artista quarantaduenne romano, ma napoletano d’adozione, che insieme al curatore Eugenio Viola quest’anno punta deciso alla conquista del Leone d’Oro della Biennale d'arte di Venezia. È la prima volta, che il nostro padiglione nazionale viene affidato all’opera di un unico artista, la cui nomina è stata criticata, osannata, snobbata, invidiata, contestata come non mai. Il progetto di Tosatti - la cui genesi è raccontata nel documentario “Making of” realizzato dall’obbiettivo di Xiaomi 12 Pro, ultimissimo smartphone dell’azienda cinese, quest’anno sponsor del Padiglione Italia -  è come un’opera aperta. Non ci sono posizioni stabilite ma un percorso che apre una serie di interrogativi. Incontriamo Tosatti accanto alla sua opera.

Gian Maria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Che emozioni vuole suscitare con Storia della notte e destino delle comete?
Ogni spettatore vive la propria personalissima emozione. Noi abbiamo solo costruito un grande specchio. Davanti ognuno reagisce in base a ciò che vede: se stesso. Il padiglione racconta una storia che appartiene a tutti però poi, una volta immersi in questo spazio, è la storia personale che prende il sopravvento. Non conosco il vissuto di tutti quelli che verranno a visitarlo. C’è però anche un messaggio centrale che ci dice che abbiamo avuto dei sogni e che probabilmente non siamo stati in grado di nutrirli nel modo giusto. Così alla fine si sono sgretolati e oggi ci troviamo fra le mani delle chimere morenti. 

Spesso i luoghi più sofferenti, i paesi in guerra, i luoghi distrutti dall’industrializzazione selvaggia diventano i suoi scenari di predilezione. Perché?
Perché l’arte funziona dove serve di più. Non è decorazione. Ma uno strumento che deve creare energia positiva. È dove c’è un trauma, diceva il filosofo John Durie, che l’arte serve. La tragedia in Grecia è stata creata per affrontare i nodi che quella comunità viveva senza riuscire a venirne fuori. Proprio pochi giorni fa si rifletteva sul fatto di parlare di cultura quando a pochi km da qui c’è una guerra. In realtà per un Paese che ha un alto livello culturale la guerra è qualcosa di inimmaginabile. Oggi più che mai dobbiamo stare qui a fare il nostro lavoro. La cultura, l’arte, la poesia strappano i soldati dal campo di battaglia. Uno dopo l’altro. Noi non consentiamo che uomini come Putin abbiamo dei soldati a disposizione. 

Le sue installazioni spesso partono da una ferita aperta, da un dolore, eppure sono spesso esteticamente seducenti, tanto che ci si sente quasi in colpa nel provare piacere visivo ammirandole: è un processo voluto?
La bellezza è l’enzima che rende certi pensieri complessi solubili nel sangue. È la via d’uscita. Quando noi cominciamo a osservare e riprodurre il bello è il momento in cui ci rimettiamo in allineamento col movimento delle sfere celesti. E arrivati a quel punto è difficile fare… cazzate. 

Gian Maria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Protagonista del Padiglione Italia alla Biennale, direttore artistico della Quadriennale, solista all’Hangar Bicocca di Milano. Come ci si sente ad avere tutta quest’attenzione addosso?
Lascerò tutti delusi. Non ho risposte da dare. Faccio solo il mio lavoro. Sono fiero di quello che sto facendo. Perché sento di essere utile. 

Come si combatte l’invidia dei colleghi?
Dico una cosa cattiva: per essere artisti non basta volerlo. Non credo che i miei colleghi, alludo a quelli che sono artisti non soltanto perché lo desiderano, siano invidiosi di me. 

Chi l’ha influenzata di più?
La Societas Raffaello Sanzio. I fondatori Chiara Guidi, Claudia e Romeo Castellucci per me sono come Michelangelo. Hanno avuto un ruolo fondamentale. 

Chi sono invece per lei gli artisti italiani su cui puntare l’attenzione?
Ci sono due filoni, quelli più consolidati, che hanno una ricerca più robusta come Giuseppe Stampone, Andrea Mastrovito, Eugenio Tibaldi, Davide Balliano. E ci sono poi i più giovani, alcuni davvero interessanti che meriterebbero la stessa cura e attenzione che hanno artisti che provengono da altri paesi. Parlo di Andrea Martinucci, Lucas Memmola, Gabriella Siciliano, Andrea Bolognino. Dell veneziano Giuseppe Diliberto. E’ una bella generazione, che deve ancora trovare delle sue chiavi ma che ha grande talento. 

Gian Maria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Nel 2019 ha realizzato l’opera Episodio di Odessa. Come è stato lavorare in Ucraina?
C’era la guerra. E si sentiva. Ricordo che andavo in metropolitana a Kiev e vedevo le pubblicità delle protesi delle gambe. Ma oltre al conflitto in quella nazione c’è qualcosa di ancor più evidente. Lì le ferite che provochiamo al nostro pianeta dal punto di vista ambientale sono vistosissime. In Ucraina le città sono fatte di eternit. A Odessa anche le aiuole sono fatte di eternit. L’edificazione selvaggia ha lasciato tracce. Solo che lì la natura dopo un po’ distrugge tutto. In Ucraina più che in altri posti del mondo è c’è la dimostrazione evidente di come, alla fine, la natura vince sempre sull’uomo. Kiev è un luogo paradossale: è una delle città più brutte ma paradossalmente anche delle più belle proprio perché la natura riesce sempre a emergere in mezzo alla peggiore architettura possibile, rendendo tutto magico come in un quadro. 

Cosa sognava di fare a 14 anni? 
Volevo fare il direttore d’orchestra. E in un certo senso ci sono riuscito. Perché non sono un pittore che se ne sta lì da solo a dipingere i suoi quadri ma dirigo quaranta persone per costruire progetti come quello esposto qui a Venezia.

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