FORLI' Parla anche un po’ modenese la maestosa e splendida mostra “Maddalena. Il mistero e l’immagine”, fino al 10 luglio, a Forlì, nelle sale dei Musei San Domenico. Un’esposizione con circa 200 capolavori dall’Ellenismo a Novecento. L’interpretazione di questa figura misteriosa, concepita nei secoli come peccatrice, carnale, amante, penitente, santa, amorevole e sapiente, passa attraverso i lavori di nomi eccellenti, come Donatello, Andrea Della Robbia, Giovanni Bellini, Tiziano, il Tintoretto, Veronese, Annibale Carracci, Lorenzo Lippi, Guercino, Artemisia Gentileschi, Guido Reni, Masaccio, Anton Raphael Mengs, Jòzef Wall, Eugène Delacroix, Canova,Arnold Bocklin, Gaetano Previati, De Chirico, Guttuso, Melotti, Sutherland, Bill Viola e tanti altri. In primo piano anche il modenese Guido Mazzoni (1450-1518) con il suo “Compianto su Cristo morto”, in terracotta policroma, proveniente dalla Chiesa del Gesù di Ferrara. Tra le otto figure della drammatica rappresentazione anche quella della Maddalena, concepita da Mazzoni con capo scoperto e il volto rigato dalle lacrime, segnato dal dolore quasi palpabile. «Sulla stoffa rossa dell’abito ricadono – nota Virna Ravaglia, nella scheda dell’opera – i suoi lunghi capelli castani… La Maddalena di Ferrara appare oggi con le braccia aperte, quasi sbilanciata ne vuoto, a causa della perdita del cataletto su cui era originariamente disposto il corpo di Cristo». Un “Compianto su Cristo morto” è anche a Modena nella chiesa di San Giovanni, in piazza Matteotti. Un complesso scultoreo sbalorditivo, di intensa commozione fino a quando, negli anni Novanta, è stato letteralmente scorticato a seguito di uno sciagurato restauro. In altri termini, ai personaggi hanno tolto il colore e, quindi, anche le lacrime. Peccato! Oggi avremmo potuto ammirarlo nella straordinaria rassegna forvilese.
E’ dal Medioevo che Maddalena ha potuto godere della devozione di tanti. Lo dicono immagini e documenti del tempo, come lo “Scriptorium” dell’Abbazia di Nonantola, l’Evangeliario di Matilde di Canossa, con le Pie donne al Sepolcro (XI secolo). “L’Evangeliario – nota Novella Maggiora – costituisce, per un ciclo di miniature istoriate e raffiguranti scene della vita di Cristo e per la lavorazione della coperta, su assi legno, impreziosita da una lamina d’argento sbalzata e parzialmente in oro, uno dei codici medievali più importanti. Dieci le scene miniate. Dal Museo Civico di Modena è esposto un capitello in marmo (XII secolo) del Maestro dei Giudici, raffigurante “Le Marie alla bottega dei mercanti, le Marie al Sepolcro e, sui lati, Angeli turiferari.
La mostra, a cura di Cristina Acidini, Paola Refice e Fernando Mazzocca, offre spesso un volto della Maddalena che non conoscevamo. Un volto di donna, collegato al racconto sulla vita e la morte di Gesù di Nazareth, che è rimasto sempre misterioso e che ora l’esposizione rivela nelle dimensioni più diverse, che anche la letteratura e il cinema hanno cercato di delineare. “Maddalena è il maggior mito femminile della storia dell’arte. La venere cristiana”, sostiene Gianfranco Brunelli, direttore della grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì che, tra l’altro, mette in luce come all’alba del Rinascimento la Maddalena sia spesso ritratta come una nobildonna d’epoca, con una gestualità più misurata e un abbigliamento più raffinato. La grazia cortese filtra il dolore. In mostra si passa dalla figura penitente, nei materiali della scultura, che vive momenti di patetismo e di torsione spirituale, come in Donatello, al patetismo popolare nelle terrecotte policrome di Mazzoni, Nicolò dell’Arca e Onofri; dalla Maddalena penitente, esaltata dalla nudità del corpo, grazie a Tiziano, al senso nuovo dell’incontro con il divino (Guercino, Reni…); dalla Maddalena di Canova e di Hayez, di carica sensuale, come modello del Romanticismo, a quella di slancio laico, di dimensione tragica di Bocklin, fino a diventare nel ‘900 “spiritualità soffusa”, materna (Redon, Chagall), con le espressioni del dolore, della protesta e della denuncia, il senso del mistero del vivere umano. Brunelli ritiene che “ciascun tempo si è identificato in lei. Siamo Maddalena”. “E di lei –spiega Mazzocca - Canova ne ha fatto una vera e propria opera di culto in epoca romantica, con una enorme popolarità e suggestionando pittori e scultori”. “La sua iconografia - precisa Paola Refice – non si modella su fonti primarie, ma soprattutto dalla miriadi di testi canonici e apocrifi che nasce e si diffonde in Oriente e in Occidente. Nel frattempo, con un impulso ancor maggiore, si forma dalle stesse immagini, che si diffondono, perpetuano se stesse e danno il via a una infinità di varianti. Maddalena ha impersonato, come ricorda Cristina Acidini, la patrona di tutte le istituzioni ecclesiastiche e civili che »in Europa s’erano venute costituendo in suo nome per l’accoglienza a donne deviate, sia redenti sia da redimere». A documentare l’indagine a tutto campo sul fascino che la Maddalena ha esercitato nei secoli è stato necessario un monumentale catalogo (544 pagine, 250 illustrazioni, 34 euro) di Silvana Editoriale.
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