Quattro anni di maltrattamenti, la testimonianza choc in aula a Pavia. La donna: «Mi sento in colpa per avere costretto i miei figli a quell’inferno, troppo tardi ho capito che lui non poteva cambiare»
PAVIA. «Diventava aggressivo per i motivi più banali, ad esempio se ero in ritardo per il pranzo o se non gli piaceva ciò che avevo cucinato. Ho sperato che lui cambiasse, volevo aiutarlo perché sapevo che aveva avuto una infanzia difficile. E ora mi sento in colpa per avere costretto i miei figli a sopportare quell’inferno».
La donna, durante il suo racconto in aula davanti al giudice, non è riuscita a trattenere le lacrime nel ripensare ai suoi due bambini che tremavano sul divano di fronte alle sfuriate del suo ex compagno. «Avrei dovuto denunciarlo prima», ha ammesso.
A giudizio davanti al collegio dei giudici presieduto da Luisella Perulli c’è Arslan J., un 37enne che abita in un paese dell’hinterland pavese. Deve rispondere di maltrattamenti sulla sua ex compagna ma anche di lesioni. Durante un litigio avrebbe preso la donna per il collo, cercando di strangolarla. In ospedale la vittima aveva avuto una prognosi di 25 giorni.
Le contestazioni
L’uomo, difeso dall’avvocato Massimo Ceccarelli, deve rispondere di diversi episodi. Secondo la ricostruzione dell’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Chiara Giuiusa, i maltrattamenti sarebbero durati quattro anni, dal 2016 al 2020, quando l’uomo ha abbandonato la casa dove viveva con la compagna, nel processo parte civile con l’avvocato Marco Sommariva.
I capi di imputazione ricostruiscono il clima che si respirava in famiglia ed elencano gli episodi contestati. L’uomo, a cui viene contestata l’aggravante di avere agito in stato di ubriachezza, avrebbe in più occasioni insultato la donna in relazione ai pasti che cucinava, ingiuriandola con espressioni del tipo: «Sei una donna di m..., tu non puoi parlare, devi stare zitta perché sei una donna». A causa della situazione, i figli della vittima, nati da un’altra relazione, erano costretti a mangiare in camera. La più grande, a un certo punto, aveva dovuto lasciare la casa e trasferirsi dai nonni.
Le testimonianze
Anche la ragazza, oggi maggiorenne, è stata sentita in aula. «Era molto maschilista, mia madre era costretta a fargli praticamente da schiava – ha raccontato –. Era impossibile vivere in quella situazione». La madre ha spiegato ai giudici di sentirsi in colpa per non avere denunciato prima. «Ho sbagliato per i miei figli, pensavo di poterlo aiutare – ha dichiarato –. Troppo tardi ho capito che non potevo cambiarlo». —
