Non c'è stata rivincita. Arriva un'altra sconfitta in Norvegia , non pesante come sei mesi fa, ma dura da digerire. Stavolta, s'era detto, sarebbe stato tutto diverso, perché il tecnico portoghese ha spinto e caricato i titolari affinché potessero presentarsi sul campo norvegese con i sentimenti giusti e quella voglia di rivalsa, raccontata dallo Special il giorno prima. È stato diverso, ma sempre una sconfitta è arrivata. E fa male. Ma nulla è perduto. L'occasione più grossa del primo tempo è quella di Abraham, qualche minuto dopo il tiro dello spavento norvegese, ma l'inglese si fa ipnotizzare da Haikin e poi ci pensa Pellegrini a far capire che stavolta non si scherza: magistralmente servito da Mkhitaryan, il capitano manda la Roma nello spogliatoio con il vantaggio in tasca e un po' di serenità nel cuore. Ma a volte ritornano. Gli incubi, nitidi, anche se non come quelli di ottobre. Finisce che la Roma torna con una sconfitta (2-1) e deve rimontare tra una settimana per andare in semifinale: l'Olimpico sarà colmo di speranza. Il gol del pari del Bodo ha qualcosa di incredibile, segno che su quel campo resta la maledizione: tiro di Wembangomo , innocuo, deviazione di Saltnes, impercettibile, e intervento scomposto di Rui Patricio, che poi vive attimi di confusione. E con lui la Roma, per dieci minuti buoni; si rischia di perdere e dopo la paura, c'è anche l'occasione per vincere. La partita si fa molto equilibrata, i norvegesi riprendono coraggio, davanti a una Roma che ha un po' mollato. Mourinho toglie Micki, uno dei migliori, e Zalewski, che non ne ha più: dentro Shomurodov e Viña , che sarà decisivo al contrario, Mancini esce (c'è Smalling), ma qui non ci sono questioni tattiche: problema al ginocchio, Mou prega che non sia un qualcosa di serio, ma da come è uscito dal campo la cosa non promette bene. E ci mancava a tre minuti dalla fine la rete di Vetlesen (deviazione di Viña), con dormita generale in area. La Roma tenterà l'ennesima rivincita, che sia la volta buona, però
(Il Messaggero)