foto da Quotidiani locali
UDINE. Chiusa in casa al buio, senza acqua corrente e neppure riscaldamento, nutrita non più di due volte al giorno e lavata una volta a settimana, talvolta con il getto gelato sparatole contro da un tubo di gomma, e costretta a fare i bisogni in due secchi svuotati solo saltuariamente del loro contenuto.
È la condizione disumana in cui un’ultranovantenne è stata tenuta per quasi un anno dalla figlia e dalla nipote, nell’immobile al civico 354 di via del Bon, dove abitavano. Un degrado riemerso nel corso del processo celebrato a carico delle due donne, accusate di concorso in maltrattamenti e sequestro di persona, e concluso con la condanna a 4 anni di reclusione l’una.
La sentenza a carico di Dubravka Obradovic, 70 anni, originaria della Croazia, e di sua figlia Svetlana Obradovic, 44, nata invece in Serbia, entrambe formalmente residenti a Nova Gorica, in Slovenia, è stata emessa dal giudice monocratico del tribunale di Udine, Roberto Pecile, al termine di un’istruttoria dibattimentale che, se possibile, ha portato in luce particolari ancora più raccapriccianti rispetto al quadro prospettato nel capo d’imputazione.
Il pm onorario Luca Spinazzè aveva concluso con la stessa richiesta, mentre il difensore d’ufficio, che con le assistite non è mai riuscito ad avere un contatto, neppure telefonico, aveva comunque sollevato dubbi rispetto all’ipotesi del sequestro di persona, non essendo la parte offesa impossibilitata a muoversi, e invocato il minimo della pena.
Erano stati i vicini a segnalare il caso alla polizia, nel giugno del 2020. Aperta la porta d’ingresso, che le due donne tenevano chiusa con lacci, catene e lucchetti, gli inquirenti avevano trovato l’anziana, oggi 96enne, immersa in un ambiente a dir poco insalubre.
Fatiscente si era rivelato, peraltro, anche l’alloggio che figlia e nipote occupavano al piano superiore. Il che spiegherebbe un’attitudine della famiglia al degrado, ma non la ragione del trattamento riservato all’anziana, da cui attingevano comunque i soldi della pensione.
Per isolarla, avevano coperto le finestre con grate metalliche e pannelli di polistirolo, sigillandole con nastro adesivo. La sua sopravvivenza dipendeva da loro, che però talvolta la lasciavano senza cibo per ore e che, per mesi, non le avevano garantito nemmeno un’adeguata assistenza medica.