Decidete voi: è più scioccante perdere in casa contro la Macedonia del Nord o non partecipare al Mondiale per la seconda edizione di fila? A ogni modo, le due cose sono indissolubilmente legate tra di loro: il ko contro i macedoni ci dice che per i Mondiali, se va bene, dovremo aspettare il 2026. Il 2026? Già: cioè, dodici anni dopo la nostra ultima partecipazione all’appuntamento calcistico più seguito e più importante al mondo. Quello del 2026, poi, sarà il primo Mondiale a cui accederanno 48 squadre anziché le attuali 32: alle Nazionali Uefa saranno assicurati tre posti in più rispetto ai tredici previsti oggi. Le possibilità di qualificazione, di conseguenza, aumenteranno. Magra consolazione.

Adesso è il momento di leccarsi le ferite e ripensare a quello che ha rappresentato la sconfitta contro la Macedonia del Nord: probabilmente, il punto più basso nella storia della Nazionale italiana. Soprattutto perché si tratta di un’uscita inaspettata: eravamo tutti proiettati al delicato incrocio contro il Portogallo per contendersi l’ultimo slot a disposizione, quella di Cristiano Ronaldo sì Nazionale temibile, e invece siamo scivolati sulla più classica delle bucce di banana contro la più classica delle cenerentole (sì, la Macedonia non ha mai partecipato a un Mondiale). 

Così il nome che echeggia come una presenza agghiacciante è quello di Aleksandar Trajkovski, il calciatore macedone che in pieno recupero ha infilzato dalla distanza il povero Donnarumma. Che scherzo del destino: Trajkovski, che oggi gioca in Arabia Saudita, segna nello stadio del Palermo, proprio quella che è stata la sua casa dal 2015 al 2019. Ma, tifosi rosanero a parte, in pochi si ricordavano di lui e del suo passaggio in Serie A: Trajkovski si aggiunge a quella lista, negli ultimi anni ahinoi infestata da perfetti carneadi, di giocatori che popolano gli incubi azzurri. Coloro che sono passati alla storia: per averci reso la vita calcistica un inferno.

Pak Doo-ik

Non si può non cominciare da lui: l’archetipo degli antagonisti della storia della Nazionale italiana. 1966, Mondiali in Inghilterra: nel girone l’Italia aveva vinto la prima partita contro il Cile e poi perso contro l’Unione Sovietica. Ma niente drammi: bastava non perdere con la modesta Corea del Nord per continuare a cavalcare il sogno mondiale. Invece la squadra di Fabbri riesce a fare la frittata dando vita a una delle leggende alla rovescia più famose di sempre: Pak Doo-ik è il calciatore che ci condanna alla vergogna, e di lui si dice che fosse un semplice dentista, un amatore del pallone, che in generale i calciatori coreani erano lì per divertimento. In realtà Pak Doo-ik era calciatore a tutti gli effetti, ma quella voce che si sparse lungamente in Italia restituisce alla perfezione il clima surreale che accompagnò il ritorno degli azzurri in patria: sbarcati a Genova, furono accolti da un sonoro lancio di pomodori.

Jakob Johansson

Nel 2017 il cuore dell’Italia calcistica aveva smesso di battere: il playoff perso contro la Svezia ci aveva escluso dai Mondiali per la prima volta in sessant’anni. Sembrava una Caporetto irripetibile, e invece. Cinque anni fa eravamo sprofondati nelle tenaglie dei giganti svedesi, che all’andata si imposero con la rete di Jakob Johansson: un destro poco convinto dal limite dell’area che si infilò alle spalle di Buffon complice una deviazione. Il classico tiro della domenica che si trasforma in un Everest impossibile da scalare: il dramma si consuma tre giorni dopo, quando in programma c’è il ritorno a Milano, la Nazionale che sbatte contro il muro svedese, De Rossi che urla dovemo vince, non pareggià, Florenzi che bacia (invano) il pallone sull’ultimo corner e Ventura che di fronte a un San Siro attonito consuma la sua Waterloo personale.

David Trezeguet

Ma gli spauracchi azzurri non hanno soltanto la consistenza di eliminazioni inopinate e avversari semi-sconosciuti che salgono improvvisamente alla ribalta. Nella storia della nostra Nazionale non possono non trovare posto alcune serate che spezzano il cuore: prima di vincere gli Europei otto mesi fa, l’Italia aveva vissuto due finali europee tristissime. Nel 2012 il secco 4-0 con annessa lezione di calcio impartita dalla Spagna: Casillas che invita l’arbitro a fischiare la fine in anticipo, perché respect for Italy. Grazie Iker, non dovevi. Ma nel 2000 ci era andata peggio, sotto certi punti di vista: perché la nostra Nazionale era in vantaggio di una rete fino al novantesimo, con quella combinazione di genio italico e pragmatismo difensivo di cui solo noi siamo capaci. Purtroppo, la resistenza azzurra cadde proprio sul finale, con la rete di Sylvain Wiltord: nei tempi supplementari fu David Trezeguet, fresco juventino, a condannarci al finale più perfido. Vederlo un colpo al cuore fino al 2006, quando fu lui a sbagliare per i francesi il rigore decisivo in finale, ripagandoci in qualche modo di quanto successo sei anni prima.

Luis Suarez

Facciamo i conti: quanti giorni sono passati dall’ultima volta dell’Italia in un Mondiale? 2849. Ovvero, da Italia-Uruguay disputata in Brasile: gli azzurri avevano vinto contro l’Inghilterra e perso contro il Costa Rica, c’erano pochi calcoli da fare. Finì nel peggiore dei modi, con il gol vittoria di Diego Godin nel finale e l’eliminazione anticipata nella fase a gironi. Di quel pomeriggio torrido a Natal l’antieroe per eccellenza però è Luis Suarez: l’ex centravanti del Barcellona in un impeto agonistico si lanciò su Giorgio Chiellini mordendolo sulla spalla. Come non ricordare il nostro difensore scoprirsi la zona del corpo incriminata come fosse l’evidenza di un martirio. Una vicenda surreale che passò inosservata all’arbitro, ma non alla Fifa che squalificò Suarez per quattro mesi. 

Robert Vittek

Quanto meglio ci andò quattro anni prima? Lasciamo perdere. Anche nel 2010, da campioni del mondo in carica, la corsa degli azzurri si interruppe nella fase a gironi. Con avversari, se possibile, ancora più mansueti, almeno stando ai pronostici della vigilia: Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. L’Italia del Lippi bis non riuscì a imporsi nemmeno in una di queste tre partite, chiudendo il Mondiale sudafricano con una delle sconfitte peggiori di sempre: quella contro la Slovacchia per 3-2. A prendersi la scena fu Robert Vittek, che all’epoca giocava nel Lilla ma la cui carriera non avrebbe preso strade particolarmente prestigiose. Quella gara a Johannesburg rappresentò indiscutibilmente il suo quarto d’ora di celebrità: doppietta all’Italia e giochi chiusi. La Nazionale terminò il girone addirittura all’ultimo posto, scavalcata persino dalla Nuova Zelanda.

Zlatan Ibrahimovic

C’è anche lui, già: Ibra ama il nostro Paese ma quando ci inflisse un terribile dispiacere era ancora un ragazzone dell’Ajax semi-sconosciuto ai più. L’anno è il 2004, il luogo è il Portogallo: si giocano gli Europei. Fu un Europeo particolare: sapevamo di avere grandi giocatori ma la squadra non sempre girava. Il primo match fu un deludente 0-0 contro la Danimarca, con Totti che si fece espellere quando, irretito dalla marcatura fin troppo “a uomo” di Poulsen, gli rifilò uno sputo. Contro la Svezia gli azzurri si portarono in vantaggio con Cassano, ma nel finale arrivò la beffa vergata Ibra: colpo dello “scorpione”, che avrebbe raccontato al meglio cosa ci saremmo dovuti aspettare dallo sconfinato talento un po’ calcistico un po’ da taekwondo del milanista, con la palla che sorvolò la testa di Vieri per finire dolcemente in rete. il gol che ci condannò al “biscotto” più famoso di tutti i tempi: il 2-2 tra Danimarca e Svezia, nell’ultima gara del girone, rese inutile il nostro successo contro la Bulgaria.

Byron Moreno

Il primo posto, però, se lo prende indiscutibilmente lui. Byron Moreno, professione arbitro, ma sarebbe riduttivo: radiato dalla federazione ecuadoriana per direzioni di gara “fantasiose”, fermato al JFK di New York con sei chili di eroina addosso, finito pure nelle carceri americane. Ma Byron Moreno è soprattutto l’arbitro di Italia-Corea del Sud, ottavi dei Mondiali 2002, giocati su suolo coreano: chi può dimenticarsi la sua faccia da bulletto mentre i giocatori italiani, increduli, lo circondano per protestare contro una delle sue incredibili decisioni? L’evoluzione della partita, con l’Italia raggiunta all’ultimo sul pari costringendo alla disputa dei supplementari, è un climax di strafalcioni arbitrali, che comprendono, tra le tante cose, un’assurda espulsione di Totti e un gol regolare annullato a Tommasi. Una fiera del raccapriccio che fa perdere pure la pazienza al ct Trapattoni, che per esorcizzare rabbia e demoni si era persino portato in panchina l’acqua santa donata dalla sorella suora: di fronte a Moreno, il Trap perde tutto l’autocontrollo possibile, maltratta tutto quello attorno a lui, fa volare borracce che sibilano vicino le orecchie dei calciatori, dà cazzottoni vigorosi alla panchina. Il golden gol di Ahn Jung-hwan, attaccante del Perugia, ci rispedì a casa: per tutta risposta, l’allora presidente degli umbri Luciano Gaucci si rifiutò di tenerlo in squadra.