I candidati sindaci si mimetizzano da centristi. A Lucca partiti senza simboli se c’è Del Ghingaro. E a Pisa Conti arruola ex rivali
FIRENZE. Civici e sovrani di sé stessi. Spuntano ovunque. Soprattutto a destra. Così Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia alle prossime elezioni si apprestano a camuffarsi, mimetizzarsi, infingersi dietro liste senza insegne o candidati senza autore politico.
Basterebbe da solo la mini convention con cui Michele Conti ieri ha aperto con un anno d’anticipo la campagna elettorale per il bis a Pisa a spiegare questo grande ritorno: un’apologia del civismo, con centristi, moderati, finanche ex grillini e riconosciute personalità di centrosinistra fino a cinque anni fa puntelli della coalizione guidata dal Pd radunati in platea alle Officine Garibaldi come segnali a nuove galassie.
O ascoltare quanta importanza dia un fratello d’Italia come il pistoiese Alessandro Tomasi alle liste civiche che lo appoggeranno per la conquista del secondo mandato nella tornata di maggio. A Carrara, Andrea Vannucci ha accettato di correre chiarendo alla sua discesa in campo che è «il candidato civico di centrodestra». Guai ad affibbiargli etichette di partito. Lucca, poi, potrebbe diventare quasi emblematica di questo ritorno di fiamma. Capitano e Cav potrebbero trovare più opportuno, perfino più utile, interpretare il ruolo degli utili idioti se dovesse scendere in campo il riformista ecologista Giorgio Del Ghingaro, il sindaco di Viareggio con ego e capacità amministrative iperbolici che sta tenendo tutti per il naso. Insomma, basta ruspismo, civismo rewind.
E pensare che c’è stato un tempo in cui i sindaci rincorrevano lo stile sovranista perfino nell’outfit. Non c’erano solo temi da duro leghista come l’immigrazione, la sicurezza, la contrapposizione fra élite e popolo da sbandierare come vessilli del proprio progetto politico, ma chi si candidava o era appena stato eletto sindaco in piena era cattivista da quell’umore veniva trasformato perfino nel modo di vestire, camminare, parlare, pettinarsi. C’è chi ha introiettato talmente tanto la mutazione che oltre che essere ideologica era diventata perfino fisica, posturale, somatica. Così, per dire, i pisani sobbalzarono nel sorprendere la versione zielliana di Michele Conti ad appena un anno dalla sua consacrazione.
Che a quei maglioncini azzurri, lo sguardo riflessivo e l’occhiale da vista fumé da grigio uomo d’apparato aennino, di una ditta di destra, ma pur sempre ditta, poco si attagliavano le intemerate contro la moschea, le ordinanze e le prese di posizione dominate dallo spirito ruspista. Dunque, andavano interpretate con Ray-Ban neri, sguardo diavolesco nelle foto postate su Facebook, capello rasato di lato, la giacca slim e i jeans disimpegnati e sdruciti che facevano periferia, polvere e dura realtà. Mica si poteva insinuare il dubbio che il primo cittadino fosse sfiorato dal virus del decadente relativismo della sinistra, cedevole al compromesso, al dialogo. Guai somigliare, detto in poche parole, a quei grattachecche e fichetti del Pd. E così perfino i nati senza insegne col tempo si erano avvicinati alla Lega. Francesco Persiani a Massa è diventato, insieme a Conti, la spalla fissa di Matteo Salvini nei suoi tour per la Toscana. E pure il raffinato avvocato senese Luigi De Mossi era entrato nel pool di amministratori da additare agli elettori. Da tempo tutta questa simulazione sta sfumando, è scemato il vento del Truce.
«Vogliamo condividere una nuova idea di civismo che apre ad altre esperienze e provenienze culturali», dice Conti ai presenti annunciando la sua associazione “Pisa al centro” (altro che destra dei porti chiusi, qui i leader di riferimento al massimo sono Toti e Casini veri, nel senso di Giovanni e Pierferdinando). Ha voluto che il giorno della ri-discesa in campo coincidesse con il Capodanno pisano e ora snocciola un vocabolario, ohibò, quasi lettiano. Dunque, dove il leader Pd parla di «campo largo», il sindaco che un tempo sguinzagliava le idropulitrici contro la movida molesta ora risponde con la necessità di «aprire il campo senza contrapposizioni e rivalità». Se il dem parla di agorà, il leghista (a proposito, è ancora leghista?) sostiene che per «troppi anni Pisa è stata soffocata da ideologie e logiche partitiche» e bisogna «liberare energie»
Ecco, è chiaro che quella di nuovo in corso è anche una trasformazione antropologica oltre che politica, ma ora che l’ubriacatura salviniana è finita, son tornati tutti al civismo non solo per opportunismo elettorale, ma per allineamento social mediatico. Con la Lega al 17-18% nei sondaggi, strepitare contro i migranti o gli spacciatori relegherebbe chiunque ad una marginalità politico-culturale. Limitare il discorso pubblico alla pubblica piazza ne stritolerebbe gli orizzonti.
La grande scossa delle Regionali 2020, con la sconfitta di Susanna Ceccardi, ha tracciato una rotta. L’era di Mario Draghi impone un ritorno alle competenze, alla mediazione, alla moderazione perfino. E alla stabilità. Ed essere il paladino di chi tuonava per la difesa sempre legittima impugnando carabine e fucili e oggi riecheggia il rifiuto delle armi invocato da Papa Francesco, non sarebbe il massimo per abbracciare un fronte sociale ampio, largo, capace di strappare – soprattutto in Toscana – voti e scalpi politici in città tradizionalmente di sinistra o moderate come Lucca. Dal cinico sovranismo al sovrano civismo, quindi, il passo magari non è breve, ma conviene. © RIPRODUZIONE RISERVATA