Botta e risposta a distanza tra Conte e Letta: il motivo del contendere, stavolta, sono le spese militari che il leader pentastellato non vede di buon occhio, minacciando di non votare l’aumento per gli armamenti. E di farsi saltare la mosca al naso, tanto da cedere alla tentazione dello strappo. Tra gli alleati giallorossi volano gli stracci, anche se il segretario del Pd si mostra più calmo e ottimista del collega al vertice del M5S, che richiama all’ordine in nome della tenuta del governo. Tra i due litiganti, poi, interviene Draghi. Atterrato a Bruxelles e approdato all’Europa Building per i lavori del Consiglio europeo, con tanto di carico di problemi interni alla maggioranza. Il quale, subito investito dell’ultima diatriba in corso tra i due maggiori azionisti del governo, replica al giornalista che gliene chiede conto: «Lo stop di Giuseppe Conte e del M5S all’aumento delle spese militari? Ho ribadito l’impegno nei confronti della Nato. Abbiamo questo vincolo storico e continueremo a osservarlo».
Insomma, tra dem e 5S c’è tensione ai piani alti del governo. Non è certo la prima volta. Ma in questo caso non si tratta di un semplice un distinguo tra partiti. Stavolta in ballo c’è la tenuta del governo Draghi. E se Enrico Letta in pubblico ostenta flemma britannica e getta acqua sul fuoco, dicendosi convinto che «troveremo una soluzione», tra i parlamentari dem l’umore è decisamente più cupo. E tradisce un misto tra preoccupazione e irritazione per la presa di posizione di Giuseppe Conte. Quel no all’aumento delle spese militari mette i 5 Stelle in netta contrapposizione sulla linea ribadita anche ieri dal premier Draghi nelle comunicazioni alle Camere: «Noi vogliamo creare una difesa europea. Ed è per questo che noi vogliamo adeguarci all’obiettivo del 2% che abbiamo promesso nella Nato», ha dichiarato tranchant il presidente del Consiglio in aula.
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Per tutta risposta, però, alla domanda delle cento pistole riguardo all’eventualità che, se i 5 Stelle votassero contro l’aumento delle spese militare, cadrebbe il governo, oggi Conte ha replicato allusivamente: «Ognuno farà le sue scelte»… Parole rimaste indigeste agli alleati dem che speravano che, dopo aver preso “finalmente” le distanze da Vito Petrocelli, con il leader M5S si potesse ritrovare una sintonia, andata decisamente scemando negli ultimi tempi. Una pax armata, recentemente messa a dura prova dalle candidature per le comunali, e non solo. Una tenuta piuttosto sfilacciata, quella dei rapporti tra i due schieramenti, tanto che qualcuno al Largo del Nazareno arriva a sospettare che «il nodo sono i rapporti del passato del governo gialloverde, e di Conte con Putin. Il punto è tutto lì», sostiene ammiccando un deputato Pd…
Così, tra rumors malcelati e insistenti voci di corridoio, in queste ore più che mai si accredita l’idea di un malumore dettato da una spaccatura sul fronte interno dell’alleanza di governo, che mina stabilità e tenuta della maggioranza. Tanto che il senatore dem, Andrea Marcucci, avverte: «Non si minaccia una crisi di governo durante una guerra in Europa. La posizione del M5S sugli impegni presi con la Nato è molto pericolosa. Se si fa parte di un’alleanza, se ne rispettano gli accordi». Parole infuocate a cui fanno eco quelle pronunciate dalla capogruppo Pd alla Camera, Debora Serracchiani. Che sul punto tiene a ribadire: «È una scelta delicata, ma è altrettanto delicato sapere che in questo momento non puoi permetterti di mettere in difficoltà un governo. Immagino che ci sarà responsabilità e consapevolezza del momento».
Un monito che, in casa M5S, respingono sia il vicepresidente grillino, Michele Gubitosa, che incassa e rilancia: «Stiamo assistendo a continui solleciti da parte del Pd di rivedere le posizioni del M5S espresse chiaramente da Giuseppe Conte. Dico alla collega Serracchiani di pensare a non mettere in difficoltà il Paese con l’aumento delle spese militari». Sia lo stesso Conte. Il quale, in un’intervento al congresso dell’Anpi, questo pomeriggio ha tenuto a precisare: «L’Italia è all’altezza della sua Costituzione? La risposta sarebbe no se oggi invece di intervenire con investimenti sulle urgenze delle famiglie e delle imprese noi scegliessimo la strada di investimenti massicci sulle spese militari. Questa per noi è una scelta inaccettabile».
Il segretario del Pd intanto cerca di raccogliere i cocci e di tenere insieme i pezzi. Ma è un’impresa fattibile? O meglio, la strada del dialogo, che Letta continua ad invocare anche in veste di mediatore al centro del campo largo, sul capitolo delle spese militari porta davvero da qualche parte? Il numero uno del Nazareno ne è convinto: «Non credo ci saranno problemi su questi temi. Sono certo che parlando e discutendo troveremo le soluzioni. Questo è un momento in cui c’è bisogno di essere molto uniti e determinati». Eppure, in questo matrimonio di convenienza giallorosso, il dialogo sembra essere agli sgoccioli. Con Conte che, più che alla separazione, sembra puntare al divorzio e all’abbandono risoluto del tetto governativo.
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