TRIESTE. Quasi 24 ore di luce solare, è buio solo per qualche ora dopo la mezzanoa padrone il bianco che avvolge tutto e il blu del mare. In Antartide è una tipica giornata di fine estate. Grazie alla copertura satellitare, alle 9 del mattino, ora italiana, abbiamo raggiunto via Whatsapp, Laura De Santis geologa marina dell'Istituto Nazionale dell’Ogs, in questa remota regione selvaggia che riesce ad esercitare un tale fascino su chiunque. Nella regione polare sono circa le 20, anche se il buio arriverà per poche ore dopo la mezzanotte locale, in Antartide puoi scegliere il tuo fuso orario, anche se la convenzione è di attenersi all'ora del porto da cui sei partito per il continente.
De Santis, in servizio dell’ente da oltre 20 anni, rappresenta ciò che in gergo viene definito un veterano dell’Antartide, si trova a bordo della rompighiaccio Laura Bassi e coordina un progetto sull’evoluzione della calotta glaciale polare in risposta ai cambiamenti climatici nell’ambito della 37° spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), finanziato dal Ministero della Ricerca e coordinato dal Cnr per le attività scientifiche e dall’Enea per l’attuazione logistica delle spedizioni.
La sua relazione d’amore con il ghiacciaio più grande del pianeta è iniziata nel 1994 con la prima missione a bordo della nave statunitense Palmer quand’era una dottoranda, racconta: «Le regioni polari sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici, l’Antartide è un luogo chiave per indagare su come la più grande coltre di ghiaccio del pianeta stia rispondendo oggi e abbia risposto in passato ai cambiamenti di temperatura sia dell’atmosfera che dell’oceano e quindi come abbia contribuito alle variazioni del livello del mare e della circolazione marina globale».
Il 23 febbraio il gruppo afferente al progetto della De Santis - composto da 11 ricercatori dell’Ogs, un ricercatore del Cnr-Ismar di Bologna e uno studente neozelandese - con diverse competenze in campo ocenografico, geologico e geofisico, a bordo della nave ha lasciato la Nuova Zelanda per raggiungere l’Antartide. Nella missione, per circa 15 giorni, studieranno la zona ancora inesplorata del margine continentale davanti ai ghiacciai Cook e Ninnis, lungo la costa della Terra di Giorgio V, a ovest del Mare di Ross per analizzare le dinamiche dell’evoluzione dei ghiacciai sia alla scala dei milioni di anni, sia a quella delle ultime migliaia e centinaia di anni, partendo dall’ultimo massimo glaciale.
«L'obiettivo - spiega la ricercatrice - è studiare l’influenza e gli effetti del riscaldamento oceanico sulla stabilità di quest’area polare che è, ancora oggi, per lo più inesplorata, ma altamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Le osservazioni mostrano che la calotta di ghiaccio dell'Antartide occidentale si sta assottigliando a causa del riscaldamento degli oceani, ma, per quanto riguarda l’Antartide orientale, sappiamo ancora troppo poco sulla sua velocità di risposta ai cambiamenti climatici.
Le osservazioni attuali mostrano che ci sono aree orientali apparentemente stabili che sono fortemente a rischio, considerando le previsioni climatiche dei prossimi 200 anni. I modelli numerici prevedono che la fusione dei ghiacciai di questo settore provocherebbe un innalzamento del livello del mare globale di circa 3-4 metri, ma l’unico modo di accertare queste ipotesi è di raccogliere gli archivi geologici del passato».