Una sera, durante una cena a casa mia, Paolo Sorrentino mi ha chiesto senza giri di parole “Ma perché fai questo mestiere?”. Io gli ho risposto che lo faccio per incidere la musica che mi piace, quella che in questo momento non trovo da nessuna parte. Così me la faccio io, come mi pare. “Funziona così anche per me” è stato il commento di Paolo» racconta Tommaso Paradiso, lo Space Cowboy (è il titolo del suo primo album solista) del pop italiano. «Sono follemente innamorato della nostra lingua e non sopporto la mania di angloamericanizzare tutto. In un primo momento avrei voluto intitolare il disco “vaccaro dello spazio”, poi mi sono convinto che in effetti Space Cowboy suonava meglio. L’altro giorno però, Linus, durante un’intervista a Radio Deejay, mi ha detto che avrei potuto scegliere come titolo “mandriano dello spazio”. Che a sua volta è molto meglio di vaccaro dello spazio. Peccato non averci pensato prima» racconta a proposito del suo primo album dopo la chiusura dell’esperienza con TheGiornalisti.
Un disco, Space Cowboy, inciso in uno studio sulla costiera amalfitana, che mette al centro la canzone nella sua accezione più pura e semplice: pochi fronzoli, zero effetti speciali e linee di basso ispirate a quelle degli album solisti di John Lennon. Un disco in controtendenza rispetto al sound dei ventenni che occupa stabilmente la Top Ten delle playlist streaming e della programmazione radiofonica. «Non potevo fare altrimenti, ho il doppio degli anni dei ragazzi che stanno sfondando in questo periodo. Sarebbe anacronistico se mi mettessi a fare il pischello: io sono cresciuto ascoltando gli Oasis, Lucio Dalla e Vasco Rossi. Mi piacciono le canzoni facili, ma non superficiali». Un compromesso difficile da raggiungere, ma che di fatto rappresenta la sua cifra stilistica: «Io credo che non si possa essere davvero leggeri se questa leggerezza non è accompagnata da una grande profondità. Saper ridere così come essere autoronici sono doti da grandi pensatori, da persone che hanno cultura e intelligenza. La capacità di praticare l’ironia anche di fronte agli eventi più dirompenti ha sempre fatto paura nel corso dei secoli. Non è un caso che ne Il nome della rosa la Chiesa tenti di censurare un libro di Aristotele che trattava della commedia».
Nelle sue canzoni c’è la vita di tutti i giorni, ci sono le paure, il vuoto interiore, le reminiscenze estive e anche la sua atavica idiosincrasia per la domenica: «Ho sempre avuto un rapporto difficile con la domenica, fin da quando ero piccolo e andavo a scuola. Anche se ora certe dinamiche sono cambiate, percepisco sempre la domenica con l’ansia del giorno prima di un’interrogazione. Di base quello che mi accompagna è una sorta di malinconia di fondo, da fine festa, che a volte mi tiene sveglio la notte, insieme a quella sensazione di dover smaltire tutto quello che ho fatto nel weekend».
Nell’arte pop di Paradiso convivono in simbiosi il mito e il sogno dell’America e le radici italiche, un connubio sintetizzato nelle parole del brano che dà il titolo al disco: «Ho voluto citare una hit indimenticabile di Renato Carosone perché gli Stati Uniti sono per me un punto di riferimento estetico e artistico imprescindibile, ma c’è anche l’orgoglio di essere cresciuto nel grande mare della melodia italiana. Per questo nelle parole del pezzo dico “Tu vuò fa l’americano ma nel cuore c’hai Vasco”» spiega, prima di svelare il suo rapporto altalenante con la tecnologia in cui viviamo immersi: «Non ne sono un grande amante, vivo benissimo senza. Di certi strumenti so usare soltanto le funzioni principali. La cosa più complessa che so fare è premere “rec” sul telefonino e registrare le mie canzoni. Per questo non ho bisogno di un computer per lavorare» .
Si esprime attraverso le note Paradiso, ma anche sul grande schermo. Il 26 aprile debutterà nelle sale il suo primo film da regista, Sulle nuvole, una storia d’amore e musica, quella di Nic Vega (interpretato da Marco Cocci), che si rende conto di aver perso tutto, fama, amici e ispirazione, dopo un passato di successo, una gloriosa carriera da cantante e una grande storia d’amore ormai finita da anni.
«Ho unito le due passioni della mia vita e mi sono preso il tempo di fare una colonna sonora, una vera colonna sonora pensata per il film. In altre parole, musica applicata, composta per un progetto specifico. Non mi voglio paragonare a nessuno, ma l’Italia ha prodotto per decenni le migliori musiche per il cinema. Basta guardare il nuovo film di Tornatore, Ennio, dedicato a Morricone, per capire tante cose. C’è stato un periodo magico in cui il regista e il compositore della soundtrack lavoravano a braccetto, in totale sintonia. Così sono nate musiche immortali abbinate a immagini cinematografiche che sono diventate storia. Peccato che in molti casi oggi si opti per colonne sonore che di fatto sono una collezione di canzoni già pubblicate» riflette.
E, sempre a proposito di cinema, il protagonista del videoclip che accompagnerà il brano Tutte le notti sarà Christian De Sica... «Sul piano personale gli sono eternamente grato perché nelle giornate storte e nei momenti più difficili, tornare a casa e vedere una sua commedia ha su di me un effetto salvifico. Su un piano oggettivo, invece, Christian è un attore straordinario, che fa cose straordinarie come quei monologhi che durano minuti in cui riesce sempre a farti sbellicare dalle risate. Saper far ridere è un’arte complicatissima, ci vuole talento vero. Detto questo, lui è eccezionale anche nei ruoli drammatici».