Il paese piange Pilastrini, vera anima del calcio e della sagra. Lavorò al Cern di Ginevra. Lascia moglie, due figli e i nipoti
FERRARA. È morto all’improvviso venerdì mattina (25 febbraio) nella sua abitazione di Codrea, all’età di 75 anni. La frazione ha perso così una delle sue figure più importanti, Renato Pilastrini, non solo presidente della società di calcio, ma anche anima di una delle sagre più caratteristiche della nostra provincia, quella dell’arrosticino. Forse nata anche grazie al fatto che Pilastrini nel corso della carriera professionale ha lavorato nei Laboratori nazionali del Gran Sasso, celebre centro di ricerche italiano. Pilastrini, infatti, dopo aver conseguito il diploma di perito fisico all’allora scuola superiore Itis, ha raggiunto importanti traguardi professionali, tanto da arrivare a lavorare al Cern di Ginevra, dove ha fatto parte degli staff di due figure del calibro di Carlo Rubbia e Antonio Zichichi.
Pilastrini era originario di Gualdo, dopo aver conosciuto la futura moglie Gianna alla fine degli anni Ottanta si è trasferito a Codrea. Recentemente aveva scoperto di essere malato e aveva iniziato le cure, così il suo decesso è arrivato piuttosto improvviso a scuotere la comunità che lo amava tanto, oltre a gettare nello sconforto la moglie Gianna, i figli Stefania e Raffaele e i quattro nipoti.
Pilastrini, come detto, ha dato un contributo decisivo alla società calcistica di Codrea, capace di toccare vertici inaspettati, addirittura guadagnare nel 2014-2015 il ripescaggio in Prima categoria, a cui dovette però rinunciare ripartendo da zero. Il piccolo campo di Codrea mai come allora vide tanta gente fare sport, non solo la prima squadra ma anche il gruppo amatori formato da ragazzi della frazione. E poi ci fu l’idea della Sagra dell’arrosticino, festa che ebbe successo da subito. E lui come sempre era in prima fila nell’organizzazione, ma anche nel fare il cameriere con il sorriso sulla faccia.
«Era una persona veramente nobile di spirito, portata al sacrificio personale per il bene della comunità. Lo vedevi tagliare l’erba negli spazi verdi comuni del paese sempre col suo sorriso, poi tante battute al circolo e tante risate, quanti “sochmel”o “Lasa lì ad far al sumar”. Era un punto di riferimento e non ha mai fatto distinzioni, era attivo per il campo di calcio e la sagra, così come per il circolo Arci o il prato dietro al bar fino alla parrocchia. C’era dove c’era bisogno, senza distinzione di bandiere, credo religioso o altro. Altruista è dire poco», ha raccontato alla Nuova Ferrara uno dei suoi ragazzi. “Della tua generosità mi hai sempre sorpreso: il calcio, la parrocchia, la sagra, il bar, il paese e la tua famiglia erano importantissimi per te” lo saluta un amico sui social.
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